Frode e falso, condannato Barbato: 3 anni e 9 mesi all’ex capo dei vigili di Milano

Nel mirino dei giudici presunte irregolarità commesse nell’organizzazione della campagna per la sicurezza stradale con testimonial vip come Andrea Bocelli

Antonio Barbato in divisa ai tempi in cui era comandante della Polizia locale a Milano

Antonio Barbato in divisa ai tempi in cui era comandante della Polizia locale a Milano

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Milano - Tre anni e nove mesi di condanna in primo grado per l’ex comandante della polizia locale Antonio Barbato. Per il tribunale è responsabile di falso ideologico e frode in pubbliche forniture."Andremo in appello", commenta lui. La prima campagna nazionale sulla sicurezza stradale della polizia locale di Milano, nel 2015, aveva contato su testimonial come Andrea Bocelli, la famiglia Kennedy, lo scrittore Alessandro Baricco, i cantanti Malika Ayane e Max Pezzali. Protagonisti, con altri personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, di un video realizzato con il Giffoni Film Festival, per lanciare un messaggio per la sicurezza. Cinque anni dopo il grande evento arrivò una tegola giudiziaria per l’ex comandante della polizia locale Antonio Barbato. La Procura infatti chiuse le indagini preliminari con al centro presunte irregolarità commesse dall’ex capo dei ghisa in relazione alla manifestazione. Barbato è accusato del reato di frode nelle pubbliche forniture, legato ad alcuni dei filmati al centro della campagna che prevedeva laboratori didattici per pedoni e ciclisti, attività nelle scuole e altre iniziative. Episodi sui quali la stessa polizia locale avrebbe avviato accertamenti dopo la nomina del successore di Barbato, l’attuale comandante Marco Ciacci.

"Mi accusano di non aver realizzato dei filmati che invece sono stati fatti – ha sempre replicato Barbato, difeso dall’avvocato Massimiliano Annetta – e sono pronto a dimostrarlo ai pm. Non sono mai stato interrogato sulla vicenda, non ho ancora esaminato gli atti - diceva all’epoca - ma posso solo dire di aver agito con la massima onestà e trasparenza". Barbato fu destituito e destinato ad altro incarico nell’agosto del 2017 dopo che il suo nome era finito negli atti di una inchiesta della Dda sugli affari di presunti referenti e imprenditori legati al clan mafioso dei Laudani. In particolare, nelle carte venivano riferiti degli incontri tra Barbato (non indagato per quella vicenda) e l’ex sindacalista Domenico Palmieri per l’idea poi mai messa in pratica di pedinare un delegato della Cisl. Da allora Barbato ha presentato una serie di esposti alla magistratura chiedendo di fare luce sulla nomina del suo successore. Esposti rimasti senza seguito.

"Quando nel 2017 sono stato cacciato ingiustamente la Lega è stato l’unico partito che mi ha difeso, di fronte a un centrosinistra forcaiolo: da allora è nato un rapporto, sfociato ora nell’impegno in politica". Così Barbato quando l’anno scorso scese in campo come candidato consigliere comunale. Non venne eletto.

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