Addio a Locatelli storica firma de “Il Giorno”

Paola

Severini

Melograni*

Arebbe compiuto 95 anni fra un mese Luigi Locatelli, storica firma di questo giornale, che ha tenuto compagnia ai lettori de Il Giorno dalla sua fondazione fino al post ‘68. Ricordare la sua carriera vuol dire raccontare la grande stampa italiana: comincia giovanissimo, con Pannunzio al Mondo, per poi passare all’Espresso di Arrigo Benedetti. Ma la vera formazione avviene in questo quotidiano, chiamato dall’inventore (e primo direttore), Baldacci, scelto nella rosa delle giovani e brillanti promesse del dopoguerra. Vivrà i primi tre gloriosi anni di quella innovativa direzione conoscendo anche gli altri due fondatori, giganti: Del Duca e Mattei (dei quali mi descrisse i caratteracci in una conversazione a casa sua, appena prima dell’era Covid, disegnandoli con puntualità nonostante fosse passato più di mezzo secolo). In quei tredici anni (sarà in redazione fino al ‘69) diventerà amico e sodale di Gianni Brera e Adele Cambria e maturerà la sua scelta politica (socialista, mai massimalista (!) anzi riformista per sempre). Aveva scelto di ribellarsi al servizio di leva ed era stato tra i primi obiettori di coscienza del nostro Paese. L’approdo in Rai era quasi scontato: il suo primo impegno è l’ideazione di “AZ, un fatto come e perché” attraverso cui l’Italia imparerà a conoscere la tragedia degli ospedali psichiatrici piuttosto che la realtà dell’antimafia. Ed è nella televisione pubblica che si svolgerà la sua seconda vita, perché arriverà a dirigere Rai 2 dall’87 all’89 e Rai 3 nel ‘94. È a lui che si deve la grande crescita della seconda rete. Locatelli non ha mai abdicato però, in favore dell’audience, al suo compito di giornalista fedele al dovere di informare e di formare, continuando a comportarsi come fosse nella redazione de Il Giorno, cioè al servizio del pubblico. Impossibile ricordare tutte le trasmissioni che ha ideato. Una riflessione merita il primo programma mai realizzato nella tv di Stato dedicato all’educazione sessuale, alla formazione dell’affettività. Ancora prima la valorizzazione del mondo dei diritti, in particolare di quelli delle persone con disabilità, attraverso il lavoro di Enzo Aprea e Gianni Vasino. Riservatissimo, era felice solo quando poteva realizzarsi nel lavoro. Devo a lui l’incoraggiamento che mi ha permesso, durante i miei inizi, di passare dalla radio al piccolo schermo e l’insegnamento di quella che deve essere la politica comunicativa della buona televisione: informare senza annoiare, per affrontare, con leggerezza argomenti impegnativi, con profondità e competenza il mondo dello spettacolo. (Un abbraccio alla moglie Serena, a Gaia, Ivo e Ugo)

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