Coronavirus, allo Zappatoni di Cassano: "Qui ricostruiamo i malati che stanno guarendo"

Vengono riabilitati sotto ogni punto di vista: polmonare, posturale, psicologico e anche emotivo

Esercizi in corso al reparto di riabilitazione polmonare dello Zappatone

Esercizi in corso al reparto di riabilitazione polmonare dello Zappatone

Cassano d'Adda (Milano), 27 marzo 2020 - A fine febbraio furono diagnosticati qui i primi 4 casi di coronavirus "ufficiali" in Martesana-Adda. Una "bomba nell’acquario". È passato un mese. E all’ospedale Zappatoni di Cassano d’Adda oggi i 23 posti letto operativi sono tutti riconvertiti al trattamento, prezioso e richiestissimo, dei "pazienti Covid in remissione". Ovvero in arrivo dalla terapia intensiva, ancora sotto stretto monitoraggio, spesso a rischio ricadute, alle prese con una lenta, faticosa risalita della china. Con la rinascita. "Dobbiamo riabilitarli sotto ogni punto di vista. Polmonare, certamente. Fisico e posturale, certamente. Ma anche psicologico ed emotivo". Aldo Ferrari è il direttore dell’Unità di Riabilitazione, 46 posti letto a regime. Erano tutti occupati ("da pazienti anche con patologie molto importanti") quando, a fine febbraio, la bomba è caduta nell’acquario. "Non lo nascondo, sono stati giorni difficili - così il primario -. Siamo stati purtroppo apripista. Avevamo i pazienti in reparto, i familiari, gli ambulatori aperti. Il rischio quello di un’infezione inarrestabile. Le direttive, in quella fase, ancora poco chiare. Ho dovuto prendere delle decisioni. In pochi giorni la situazione si è stabilizzata". I 23 posti sono ora, tecnicamente, di "trattamento di stabilizzazione e ricondizionamento allo sforzo di pazienti affetti da polmonite da Covid 19". Obiettivo? Recuperare "pazienti che giungono dai reparti per acuti. Rimetterli nelle condizioni di rientrare al proprio domicilio". Una tipologia di trattamento assolutamente necessaria. "I pazienti arrivano da cinque, sei giorni di terapia intensiva. Ribadiamolo, sono ancora in pericolo di vita". Perché la malattia è subdola. "Una reimpennata del virus, e la necessità di un ritorno del paziente in terapia intensiva, è possibile". È accaduto? "Certo". Il reparto vanta uno staff su misura, impiegato a scavalco nelle strutture di emergenza. In parte, anche qui, assottigliato dalle malattie. Trattamenti specialistici e mirati per recuperare la funzionalità polmonare. Un punto d’osservazione privilegiato dell’evoluzione del Covid. "Abbiamo rivisto in pochi giorni la letteratura e le procedure di intervento, e attuiamo i protocolli. Medicina, esercizi fisioterapici, riabilitazione. Non servono macchinari evoluti. Ma è una fase delicata. E soprattutto lunga. Molto lunga". Pazienti spaventati, da ricostruire. "Il raggiungimento della posizione seduta, di per sè, è un primo ostacolo da saltare. Camminare. Il ritorno alla respirazione corretta. Sono pazienti debilitati. Il nostro personale opera per “rimetterli insieme” sotto ogni profilo". Un mese di attività emergenziale, storie e situazioni. Decessi. Lunghi percorsi di guarigione. "Mi sento di dire ciò. In questa battaglia chi ha chances se le gioca. Per dirne una. Abbiamo avuto un paziente 96 enne, con comorbilità importanti. Ce l’ha fatta, si è ripreso".