PAOLA PIOPPI
Cronaca

Delitto di Sogno, parlano i genitori di Guzzetti

Papà e mamma dell'unico imputato dell'omicidio hanno testimoniato in aula: «La conosceva e le voleva bene»

Roberto Guzzetti

Roberto Guzzetti

Torre de' Busi - 8 dicembre 2017 - Gioconda e GiovanniI: gli anziani genitori di Roberto Guzzetti hanno testimoniato ieri al processo in Corte d’Assise a Como in cui il loro unico figlio è imputato dell’omicidio di Maria Adeodata Losa. L’anziana donna, 87 anni, era stata trovata senza vita l’11 giugno 2016 nella sua casa nella frazione di Sogno, raggiunta da dieci coltellate che le erano state inferte due giorni prima, nel pomeriggio del 9 giugno. «La conosceva – ha detto la madre – e lui le voleva bene, ed era stata lei a farlo leggere in chiesa». Più dettagliato, su una serie di aspetti relativi anche alle disponibilità economiche del figlio, è stato il padre dell’imputato, 90 anni.

«Ha lavorato con noi in negozio fino al 2001, poi gli avevamo preparato un’attività da portare avanti, ma lui non ha voluto. Viveva con noi, ogni volta che gli serviva qualcosa eravamo pronti ad andargli incontro, ma non è mai stato una persona esigente». Il pubblico ministero lecchese Paolo Del Grosso, ha fatto una serie di domande sulla situazione debitoria dell’imputato. «Aveva un piccolo conto in banca – ha risposto il padre – dove si era esposto per una piccola cifra, circa 3500 euro. Ha chiesto un prestito, ma poi sono intervenuto io per saldarlo. Anche con lo zio Luigi aveva un debito, sui 10mila euro. Roberto chiedeva soldi per le visite, che noi gli davamo: siamo sei fratelli, un cuore solo e una sola anima».

«Davanti alla salute non stavamo a guardare, quando aveva bisogno gli davamo quello che chiedeva». Infine ha ricordato il giorno dell’omicidio: «Era con noi – ha ricordato Giovanni Guzzetti – abbiamo pranzato insieme e poi io e mia moglie ci siamo appisolati. Roberto si è allontanato ed è tornato a casa verso le 15. Non aveva sangue sugli abiti, era vestito da campagna ma pulito. Se avessi visto del sangue sarei stato io il primo a chiamare i carabinieri». L’udienza è proseguita con la testimonianza dei consulenti psichiatrici. La perizia a cui era stato sottoposto, lo aveva dichiarato perfettamente capace di intendere, e di affrontare un processo dibattimentale.