PAOLO GALLIANi
Cronaca

Quando la cucina diventa arte: la firma è del brianzolo Enrico Crippa

Lo chef di Viganò scelto come migliore del mondo

Dal 2003 Enrico Crippa è chef da tre stelle Michelin

Viganò (Lecco) 30 maggio 2017 - Ha il pizzetto alla D’Artagnan ma ha il fisico asciutto di un monaco buddhista, gli occhi grandi e vispi ma la gestualità lenta e accorta, più rituale che cerimoniosa. E quando regala un sorriso, finalmente si capisce che il «Chicco», l’Enrico Crippa di Viganò Brianza, nato a Carate Brianza «perché lì c’è l’ospedale», a dispetto dei suoi 46 anni, è un uomo d’altri tempi. Lo si è capito anche ieri, quando i responsabili dell’Academie Internationale de l’Art de la Cuisine gli hanno conferito il Grand Prix come migliore chef del mondo, perché così avevano e deciso, all’unanimità, i membri dell’assise che riunisce esperti di 23 Paesi.

A salutarlo, al ristorante Marchesi alla Scala, c’erano Paolo Petroni presidente dell’Accademia Italiana della Cucina e altri esponenti dell’arte nobile che si celebra ai fornelli. Si è sottoposto all’attenzione generale quasi scusandosi di avere su di sé i riflettori, e chiamando vicino la sua compagna Silvia, mamma Adriana ma anche Gualtiero Marchesi, il «maestro» di tutti, e ovviamente anche di Crippa, che il suo primo stage l’aveva fatto a 16 anni proprio in via Bonvesin de la Riva. Come Carlo Cracco, presente per rendere omaggio al collega e amico, presenza preziosa perché il Crippa «tre stelle Michelin» che da anni stupisce il mondo gourmet con il suo ristorante ad Alba aveva smesso di girovagare per il mondo nel 2003 proprio grazie alla star tv MasterChef e al suo consiglio: «In Piemonte c’è Bruno Ceretto che vuole lanciare l’alta cucina, sei la persona giusta». Cracco profetico e Crippa, ancora una volta, gran signore. Con la Brianza nel cuore e la consapevolezza di vivere e lavorare in una terra eletta dei sapori come le Langhe che gli ha dato la possibilità di esibirsi in una cucina innovativa e sorprendente. Si presenta con un «grazie» che è meglio di un discorso. Regala le prime parole al «maestro» Marchesi che lo guarda emozionato: «Mi ha fatto capire che questo mestiere non è fatto solo di padelle ma anche di cultura e arte dell’accoglienza». E al momento della dedica, rende omaggio alla sua brigata, 32 ragazzi che non sono presenti eppure ci sono. In sala, applaudono Nadia e Antonio Santini, coppia dell’alta cucina nazionale (Al «Pescatore» di Canneto sull’Oglio») perché nella cerimonia è stato premiato come «Sommelier dell’anno» il figlio Alberto, assieme allo chef romagnolo Gianluca Gorini, alla pastry-chef Martina Tribioli e ai giornalisti Gigi Padovani e Paolo Massobrio. Il francese Jean Viteaux, presidente dell’Academie Internationale si scioglie in una lunga serie di elogi: cita l’hotel Martinez di Cannes, evoca le esperienze alla corte dei grandi d’Oltralpe. E si scorda di Marchesi. Il «maestro» prende il microfono e corregge la piccola distrazione: «Va bene, ma ha imparato i primi segreti di questa arte nel mio ristorante». Nessuno obbietta, perché è la pura verità. E il brianzolo di Viganò annuisce.