DANIELE DE SALVO
Cronaca

Cemento sul Monte Ocone: costerà 680mila euro l’affare sfumato 55 anni fa

È il prezzo che il Comune di Carenno dovrà pagare all’immobiliare . Fine del contenzioso che risale al 1969. Soldi anticipati dalla Regione

Cemento sul Monte Ocone. Costerà 680mila euro l’affare sfumato 55 anni fa

Cemento sul Monte Ocone. Costerà 680mila euro l’affare sfumato 55 anni fa

Carenno – Quasi 680mila euro. È il prezzo per chiudere definitivamente i conti in sospeso tra gli investitori di una immobiliare che non hanno potuto cementificare parte del paese e i cittadini di Carenno. Lo pagheranno per cominciare però tutti i contribuenti lombardi. È stato siglato un accordo transattivo per scrivere la parola fine sul contenzioso vinto dai soci della Immobiliare del Pertus, a cui è stato impedito di lottizzare le pendici del Monte Ocone e ai cui i giudici della Corte di Cassazione hanno stabilito che debba essere riconosciuto 1 milione di euro come risarcimento danni per l’affare sfumato.

L’intesa prevede la liquidazione di 618mila euro da parte del Comune e di Regione Lombardia. I soldi verranno anticipati dalla Regione, poi il Comune pagherà 350mila euro a rate, con un tasso di interesse dello 0,3%. Il Comune aveva già pagato 350mila euro, sempre anticipati da Regione, in seguito al precedente verdetto emesso dai magistrati della Corte di Appello di Milano nel 2018, per un totale complessivo di un risarcimento di 1 milione di euro. L’accordo è stato l’ultimo atto del sindaco uscente Luca Pigazzini prima della scadenza del suo secondo mandato e prima del voto di sabato e domenica, quando si ripresenterà alle urne per tentate il tris alla guida del piccolo centro della Valle San Martino, sul confine con la Bergamasca.

"Sono molto contento di aver risolto la situazione, senza lasciare conti in sospeso ai prossimi amministratori comunali, chiunque essi saranno", commenta. La questione si trascinava da 55 anni. Risaliva al 1969, con la stipula di una convenzione edilizia per consentire agli immobiliaristi di costruire case, negozi e uffici per 5mila nuovi abitanti, in cambio della realizzazione gratuita di strutture sportive, compresa una piscina, e una strada. Nel 1985 tuttavia il piano è stato stralciato e pesantemente ridimensionato, perché i tecnici di Regione Lombardia lo hanno ritenuto incompatibile con il rischio di dissesti idrogeologici in alcune aree. Da qui la richiesta da parte dei lottizzanti mancati di un maxi indennizzo di 20 milioni di euro. In primo grado le istanze dei privati sono state cassate, ma nel 2018 i magistrati della Corte di Appello hanno appunto ribaltato e riformulato la prima sentenza, una decisione confermata successivamente dagli ermellini.