Qatargate: calcio, affari e mazzette. La grande ipocrisia europea

L'inchiesta della polizia belga rischia di scoperchiare le relazioni pericolose tra Ong, lobby e l'Emirato, che in Europa ha investito milioni di petrodollari: dal Psg a Porta Nuova passando dall'aeroporto di Heathrow

Bruxelles, 14 dicembre 2022 - Un milione e mezzo di euro in contanti trovati tra la casa di Antonio Panzeri, quella di Eva Kaili e la valigia che portava il padre dell'eurodeputata ellenica. Più il sequestro di ventimila euro effettuato nell'abitazione di Francesco Giorgi ad Abbiategrasso. Il Qatargate continua a fornire dettagli allarmanti sulle sospette tangenti arrivate dall'Emirato, quarto paese più ricco al mondo con un Pil pro-capite di 100mila euro.

Lo scandalo rischia di allargarsi ben oltre i Mondiali di calcio. L'inchiesta della polizia belga potrebbe scoperchiare infatti le relazioni pericolose tra Ong, lobby e l'Emirato che attraverso il suo fondo sovrano, Qatar Investment Authority, ha investito milioni di petrodollari in Europa: a Parigi si è comprato il Psg, a Londra quote dell'aeroporto di Heathrow e a Milano gestisce il mega progetto immobiliare di Porta Nuova. Il sospetto è che proprio con quei petrodollari la monarchia islamica avrebbe voluto corrompere politici europei affinché l'Ue chiudesse un occhio su diritti civili negati di cui peraltro sembra infischiarsene la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica europea in piena ubriacatura da mondiali.

E qui sta tutta l'ipocrisia di uno scandalo che potrebbe trasformarsi nella Tangentopoli europea che rischia di fare apparire la burocrazia di Bruxelles lontanissima dalle esigenze dei cittadini ma vicinissima a quelle dei poteri forti. Un inatteso regalo per il partito dei sovranisti, che cova sotto la cenere mentre la politica continentale mostra tutta la propria fragilità e scarsa compattezza. 

I soldi sequestrati a Panzeri e Kaili
I soldi sequestrati a Panzeri e Kaili

Terremoto a Bruxelles

L'indagine della magistratura belga ha già provocato un terremoto. La plenaria del Parlamento europeo voleva e doveva dare un segnale forte: ha votato quasi all'unanimità (625 a favore su 628 votanti; un contrario e due astenuti) la destituzione di Eva Kaili dal ruolo di vice presidente. L'eurodeputata greca, agli arresti a Bruxelles con l'accusa di corruzione dal Qatar, non è piu' "degna" di rappresentare l'Eurocamera. "Non voglio toccare la presunzione d'innocenza ma tutti quelli che si sono fatti corrompere devono provare vergogna. Per avere tradito la fiducia dei cittadini e dei loro colleghi che lavorano duramente con onore e onesta'", ha detto la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, durante il dibattito sullo scandalo. Non solo.  In Aula il dibattito sul Qatargate non ha risparmiato toni duri. In tanti hanno chiesto una stretta contro le lobby  mentre il gruppo di Amicizia Ue-Qatar è stato sospeso. La delegazione europarlamentare che si occupa della Penisola araba e del Golfo ha rinviato il suo viaggio previsto a febbraio.

L'Ong di Panzeri

Francesco Giorgi, uno dei quattro imputati che oggi saranno in udienza preliminare, ha già rilasciato molte dichiarazioni. La lunga chiacchierata tra Giorgi e gli inquirenti lascia in sospeso una domanda: quanto può allargarsi l'inchiesta? Il rischio c'è. Fight Impunity, l'Ong fondata da Panzeri, per alcuni avrebbe agito da volano delle attività illecite ma attorno alle relazioni con il Qatar e al tema dei diritti giravano diversi attori della comunità europea brussellese. Nomi di nuovi indagati al momento non sono stati diffusi.

Rischio domino

Il rischio che l'inchiesta si possa allargare c'è eccome, a giudicare anche dalle preoccupate dichiarazioni di Sabrina Pignedoli. "Le regole sono accomodanti, o assenti, perché così conviene a tutti", spiega l'europarlamentare M5s reggiana, impegnata sui temi della legalità e preoccupata non solo per la corruzione che emerge da questa inchiesta ma anche "i conflitti di interesse e le porte girevoli che inquinano la democrazia europea. Nelle istituzioni Ue si continuano a registrare episodi in cui commissari, parlamentari e funzionari di alto livello abbandonano i loro incarichi per nuovi impieghi nelle aziende private o diventano lobbisti negli stessi settori che prima dovevano controllare. E ci sono casi di consulenze ad attuali deputati ottenute mediante triangolazioni, in modo da schermare chi paga e gli interessi che porta. Questo apre praterie agli interessi grigi o illegali". E proprio su questo fronte c'è 

Lobby nel mirino

Proprio per contrastare questa zona grigia per l'Eurocamera  arriva quindi la necessità di un giro di vite contro le ingerenze eccessive dei portatori d'interesse e a spingere sono proprio i socialisti. "Serve un organismo che vigili sulle attività delle lobby ma non servono solo regole, serve soprattutto coraggio per contrastare potenze che credono che la nostra democrazia sia in vendita", ha tuonato in aula il francese Glucksmann. La proposta dell'esecutivo comunitario è quella di istituire "un corpo etico indipendente", una diga prima che lo scandalo si allarghi. 

Scontro geopolitico

Sullo scandalo che travolge il Pe si allunga infatti l'ombra di uno scontro geopolitico ben più grande, una guerra tra le lobby dei Paesi del Golfo per motivi religiosi, politici, affaristici e per ingraziarsi i favori di Bruxelles. Non è un caso che proprio una delle eurodeputate socialiste coinvolte, Maria Arena, solo sei mesi fa abbia presentato all'aula un rapporto che accusava gli Emirati Arabi Uniti di corrompere eurodeputati e di agire per "screditare l'immagine dei Paesi rivali, come Qatar e Turchia". Rapporto di cui si fece promotore anche un altro italiano coinvolto, Niccolò Figà-Talamanca. Oltre duecento pagine focalizzate sulle attività di lobbying del "Gruppo di amicizia parlamentare Emirati Arabi Uniti-Ue" presieduto dall'eurodeputato spagnolo del Ppe Antonio López-Istúriz White. Gruppi di amicizia bilaterale dunque usati per tessere relazioni e scambiare favori, attività che oggi si cerca di portare sotto la lente di un nuovo regolamento. Ma fonti interne ai due principali gruppi politici non hanno dubbi: "Questi gruppi, specialmente con alcuni Paesi, dovrebbero essere i primi a chiudere i battenti, tutti quanti".

Nasser Al-Khelaïfi, presidente del Psg
Nasser Al-Khelaïfi, presidente del Psg

I petrodollari del Qatar

Il Qatar ha un reddito procapite di poco superiore ai 100mila dollari, che pone la monarchia costituzionale islamica al quaryto posto della classifica mondiale dei Paesi più ricchi al mondo. L'economia dell'emirato si basa per lo più sul petrolio e più recentemente sul gas naturale (diventato strategico dopo lo scoppio della guerra in Ucraina) i cui primi giacimenti garantiscono milioni di dollari che il fondo sovrano Qatar Investment Authority (patrimonio stimato più di 60 miliardi di dollari) investe soprattutto in Europa. Dal 6 marzo 2012 il Fondo è proprietario al 100% del Paris Saint Germain: il presidente del club che si può permettere lo stipendio di 90 milioni di euro per Kylian Mbappé è Nasser Al-Khelaïfi, che guarda caso è presidente dello stesso fondo sovrano qatarino. Nasser Al-Khelaïfi è anche membro  nel Comitato Esecutivo dell'Uefa, insieme a Rummenigge nonché presidente dell'European Club association.

Gli investimenti

Sotto la sua guida il fondo sovrano ha investito miliardi in imprese europee, soprattutto britanniche. Possiede grandi quote di Barclays, Sainsbury's, Harrods, Walt Disney, Heathrow Airport e del famoso Shard London Bridge. In Germania ha partecipazioni in Volkswagen e Siemens come nella Royal Dutch Shell, la compagnia petrolifera olandese che fa parte delle "sette sorelle". Anche l'Italia è terreno di caccia: il Qatar Investment Authority gestisce il mega progetto immobiliare di Porta Nuova ed è proprietario dello storico Hotel Gallia a Milano, ma anche molti complessi alberghieri turistici della Costa Smeralda in Sardegna.