LA FUSIONE CHE CAMBIERÀ I GIOCHI

SI CHIAMA FUSIONE a confinamento magnetico. E, per chi non la conoscesse, si tratta di un’innovativa tecnologia allo studio che, una volta applicata, permetterà di replicare, su scala estremamente ridotta, il tipo di reazioni che da miliardi di anni alimentano le stelle. Eni sta lavorando in questo campo già dal 2016 con la consapevolezza che questo potrà essere il vero ’game changer’ del panorama energetico mondiale. Soluzione in grado di fornire energia praticamente illimitata e senza alcun impatto dal punto di vista delle emissioni. La densità energetica del processo di fusione è di ordini di grandezza superiore a qualsiasi forma di energia sfruttata attualmente. Infatti, se il petrolio ha una densità energetica di 40 kJ per grammo, la fusione ha 350 milioni di kJ per grammo e quindi ha sicuramente un grande potenziale nonostante le sfide tecnologiche ancora da risolvere.

Attraverso la partecipazione di Eni nella società Commonwealth Fusion Systems (CFS), uno spin-out del prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit), l’azienda è impegnata a realizzare un prototipo di reattore che dovrebbe essere disponibile nel 2025: si chiamerà SPARC. L’obiettivo successivo è quello di progettare e realizzare ARC, il primo reattore capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica che, secondo la tabella di marcia, sarà disponibile entro i primi anni del 2030. Il programma in cui Eni sta investendo ha un obiettivo di sviluppo in tempi relativamente brevi, in particolare trattandosi di tecnologie innovative, che va dai 10 ai 15 anni. Ma il gruppo guidato da Claudio Descalzi non si è fermato a questa tecnologia e a questo specifico progetto. Con il CNR, infatti, Eni ha un centro di ricerca congiunto specifico sulla fusione impegnato su vari filoni scientifici, mentre al centro ENEA di Frascati il progetto Divertor Tokamak Test (DTT) di cui Eni è parte mira a realizzare una macchina sperimentale in grado di testare diverse soluzioni tecniche e a dare risposte su come gestire alcuni aspetti del processo di fusione come le altissime temperature.

Il DTT si inserisce nell’ambito del progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) partito nel 2005, al quale partecipano Ue, Federazione Russa, Stati Uniti, Giappone, Cina, Corea del Sud e India, che prevede il completamento nel 2025 della costruzione di un grande reattore a fusione tipo Tokamak a Cadarache nel Sud della Francia. Questo primo impianto dovrebbe essere il reattore dimostrativo in grado di immettere energia in rete.

Achille Perego