Monet, il maestro della luce mutevole

Dal Museo Marmottan a Palazzo Reale 53 opere che raccontano la parabola di un protagonista dell’Impressionismo

“Parliament, reflections on the Thames” datato 1905

“Parliament, reflections on the Thames” datato 1905

Milano - Di lui Paul Cézanne soleva dire: "Monet non è che un occhio, ma, buon Dio, che occhio!". Fra tutti gli impressionisti fu lui certamente a restare fedele totalmente alla sensazione visiva. Fuori dagli atelier, c’era un mondo da scoprire, e da raccontare, una realtà non distorta dalla luce di una candela. Una pittura en plein air dove la natura viene trasfigurata dalla luce, fil rouge dalla prima all’ultima opera di Claude Monet, l’alfa e l’omega del suo approccio artistico. È una mostra straordinaria quella su Monet ospitata a Palazzo Reale (sino al 30 gennaio, biglietti 14 euro, info www.monetmilano.i), in collaborazione con il Museo Marmottan Monet di Parigi: 53 opere tra cui le Ninfee (1916-1919), Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905) , Vétheuil nella nebbia (1879) Le rose (1925-1926).

La mostra accoglie i visitatori in una sala allestita con mobili originali del periodo napoleonico, in omaggio a Paul Marmottan, il fondatore del museo da cui provengono le opere. Chi volesse tuffarsi subito nella pittura del grande maestro impressionista, nella seconda sezione della mostra si troverà faccia a faccia con un suo primo capolavoro, La spiaggia di Trouville (1870), dove il pittore, all’aperto, dipinge focalizzandosi sugli effetti della luce. Per la curatrice della mostra Marianne Mathieu, "il tocco rapido dei colori anche se limitati fanno di questa piccola tavola una tappa fondamentale verso l’impressionismo". E c’è un piccolo e curioso dettaglio svelato dalla curatrice, le analisi sulla tela hanno evidenziato la presenza di granelli di sabbia! L’altro elemento di novità riguarda la scelta dei soggetti, le scene più intime, familiari, raccontate con Passeggiata vicino ad Argeuntil (1875) mentre via via che si attraversano le belle sale di Palazzo Reale è facile cogliere l’evoluzione, la parabola artistica del maestro attraverso opere che lo stesso Monet considerava fondamentali, private, tanto da custodirle nella sua abitazione di Giverny.

l l ponte di Charing Cross (1899-1901); Riflessi sul Tamigi (1840-1926): Londra nella carriera di Monet fu un laboratorio di sperimentazione che gli permise di lavorare su qualcosa che lui stesso definiva "impossibile", la nebbia impalpabile che copre le architetture e la luce mutevole, un "filtro" che regala all’opera d’arte ancora un altro significato. Perché la "luce è un filtro" che può cambiare la percezione di uno stesso ponte, di uno stagno di ninfee e del giardino di rose. I fiori hanno accompagnato tutta la vita di Monet e con Le rose, dipinto all’età di 85 anni, l’artista rende omaggio alla natura che ha saputo così bene raffigurare. A fine mostra ci si immerge ancora in mare di colori e di nuove sensazioni; Monet abbandona la prospettiva reale e sceglie inquadrature audaci, dettagli di un fiore, enormi tele. Un invito alla meditazione.