Le mani dei boss sul padel, si muove il Comune: "Via la concessione"

Marco Molluso, imprenditore 39enne, è accusato di un giro di false fatture i cui ricavi sono poi stati investiti nella costruzione di campi di padel nel centro sportivo di via De Nicola, alla Barona

I campi da padel sequestrati e, al centro, l'imprenditore Marco Molluso

I campi da padel sequestrati e, al centro, l'imprenditore Marco Molluso

Le mani della ’ndrangheta sui alcuni campi di padel del centro sportivo comunale Sant’Ambrogio “Lombardia 1’’ nella periferia sud della città. La reazione di Palazzo Marino è immediata ed è contenuta in una nota che afferma che le verifiche sono in corso, che si sta valutando la revoca della concessione dell’impianto ai gestori in contatto con i boss della famiglia Molluso e che l’amministrazione si costituirà parte civile in giudizio. Parliamo dell’indagine della Direzione investigativa antimafia (Dia) che ha portato all’arresto ai domiciliari di Marco Molluso, il 39enne imprenditore accusato di un giro di false fatture i cui ricavi sono poi stati investiti nella costruzione di campi di padel nel centro sportivo di via De Nicola, alla Barona.

La Dia si è mossa perché Molluso è nipote di due boss della ’ndrangheta: Giosofatto Molluso, condannato nell’inchiesta Infinito, e Francesco ’’don Ciccio’’ Molluso, al centro dell’indagine Nord-Sud degli anni ’90. Perché il Comune c’entra con questa indagine? Marco Molluso, secondo gli investigatori dell’Antimafia coordinati dai pm Alessandra Dolci e Silvia Bonardi, sarebbe diventato socio occulto di Paolo Gatti, gestore del centro sportivo comunale. Gatti era in contatto diretto – leggendo alcune intercettazioni – con l’assessora comunale allo Sport Martina Riva.