Più infermieri e muratori, meno prof: anche i frontalieri cambiano lavoro

In Svizzera crescono i posti per gli italiani, ma è l’effetto part-time. In calo gli impieghi nella scuola

Frontalieri

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Milano - Dalla Lombardia alla Svizzera per lavorare, attirati da stipendi più alti e imprese affamate di forza lavoro più o meno qualificata. Un boom di frontalieri trainato dal terziario, con segno più in quasi tutti i settori. I dati dell’Ufficio di statistica ticinese, elaborati da Roberto Cattaneo della Uil Frontalieri Como e contenuti in un report della Fondazione Kuliscioff, certificano una crescita annua del 3,8%. Nel terzo trimestre del 2021, sono 74.199 i lombardi che ogni giorno varcano il confine per lavorare in Svizzera, principalmente dalle province di Como, Varese e Sondrio ma anche dal Milanese e dal Piemonte. Nello stesso periodo del 2020, in piena pandemia, erano 71.441. Il settore delle costruzioni segna un +2,9%, dovuto all’exploit dell’edilizia che accomuna Canton Ticino e Lombardia.

La quota più alta resta occupata nel manifatturiero: 16.232 persone, pur con una lieve flessione (-0,6%). Ma la vera crescita è nel terziario, con un +5,4%. Nell’alloggio-ristorazione si arriva al +15%, pari a 4.268 lombardi che costituiscono la forza lavoro di un settore in ripresa dopo la crisi innescata dalla pandemia. E la sanità segna un +5,5%, che si traduce in 4.563 medici, infermieri e operatori socio sanitari. Provengono da una regione dove da anni si registra una carenza di queste figure professionali, che ha fatto sentire i suoi effetti durante la pandemia. Gli stipendi Svizzeri continuano a essere una calamita per professionisti formati in Italia e poi assunti oltreconfine. Milano esporta anche moltissimi ingegneri. Trovano porte aperte in imprese svizzere che fanno scouting al Politecnico. Le attività scientifiche e tecniche registrano un +7,5%, raggiungendo quota 8.530 occupati. Cresce anche l’amministrazione: +6,7%. Unico settore del terziario con il segno meno è l’istruzione (-1%).

Dopo anni di crescita di frontalieri italiani occupati nelle scuole pubbliche e private ticinesi, gli ultimi 12 mesi segnalano un arresto di questa dinamica. "Una ragione fondamentale che spiega il notevole balzo in avanti del numero dei frontalieri è la forte ripresa economica ticinese", spiega Roberto Cattaneo. "Non va tuttavia dimenticato – prosegue – che l’accontentarsi da parte dei frontalieri di salari leggermente più bassi di quelli svizzeri, da un lato, e la maggiore offerta di competenze professionali anche di alto livello rispetto alla popolazione indigena, dall’altro, costituiscono ragioni complementari. C’è tuttavia un’ulteriore spiegazione: la progressiva sostituzione di lavoratori a tempo pieno con part time".

In Canton Ticino un lavoratore su tre, il 32%, vive in Italia. La quota è rimasta praticamente invariata rispetto al 2020, perché sono aumentati anche gli svizzeri occupati. Un dato, però, composto da luci e ombre. «L’incremento occupazionale nei 12 mesi considerati è stato a beneficio della sola occupazione part time – analizza Cattaneo – che passa così dal 33% del totale degli addetti al 34,2% in un solo anno. Sembra decisamente verosimile che anche l’incremento dei frontalieri abbia subito la medesima tendenza, e cioè che una parte non trascurabile dell’aumento di posti di lavoro occupati da frontalieri sia dovuta alla riduzione di orario di lavoro per molti nuovi assunti". Il lavoro c’è ma per poche ore. E gli stipendi restano attrattivi anche per un part time. Il costo della vita più basso rende conveniente vivere in Italia, incolonnarsi ogni giorno sulle strade che portano al confine o salire sui treni dei frontalieri, diretti a Chiasso, Mendrisio, Lugano o Bellinzona.