In Italia più di metà delle donne subisce molestie o discriminazioni sul lavoro

Lo afferma un'indagine compiuta su oltre 4mila lavoratrici: una su cinque ha denunciato contatti fisici indesiderati da parte di colleghi, capi o responsabili

I dati sono forniti dalla survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione)

I dati sono forniti dalla survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione)

Capillare e diffusa in tutto il Paese, una coltre di molestie e discriminazioni infradicia la vita quotidiana di milioni di donne, colpevoli di essere donne. Una violenza sociale che spesso assume forme insidiose, grigie, non facili da definire, difficili da denunciare. Le vittime non sono una minoranza, ma il 55 per cento delle oltre quattromila lavoratrici italiane interpellate in un'indagine condotta dalla Fondazione Libellula, a loro volta rappresentative della condizione lavorativa femminile in Italia.

Gli episodi che si potrebbero elencare sono decine. Un’allusione travestita da battuta. Un massaggio alle spalle non richiesto. Un apprezzamento estetico pretestuoso. Una promozione data ad un altro collega durante la gravidanza. Battutine, discriminazioni, molestie, condizioni sfavorevoli di crescita professionale: la difficoltà di essere lavoratrici assume forme insidiose e sfaccettate.

La ricerca di Fondazione Libellula ho rilevato che “oltre un’intervistata su due ha dichiarato di essere stata vittima di molestie o discriminazioni, mentre il 22 per cento ha avuto contatti fisici indesiderati e il 53 per cento ha ricevuto complimenti espliciti indesiderati”. La fotografia riguarda imprese di ogni genere e ad ogni livello aziendale. Gli autori delle molestie sono principalmente i colleghi (55 per cento), seguiti da capi (19) e altri responsabili (6). Un contesto, questo, che in alcuni casi potrebbe configurarsi come reato penale.

“Questi dati fotografano una situazione inquietante all’interno dell’ambiente lavorativo delle aziende italiane e devono imporre una riflessione: il linguaggio e gli atteggiamenti non verbali occultano la dimensione professionale delle donne sul posto di lavoro. Per tante i luoghi di lavoro rappresentano contesti poco sicuri, psicologicamente e fisicamente complicati” afferma Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula, realtà nata dalla volontà di Zeta Service, azienda leader nel mondo delle risorse umane.

L’equità di genere resta un miraggio anche quando le donne ricoprono una posizione manageriale. Lo stesso comportamento deciso e determinato, se associato a una donna o un uomo, assume esiti differenti. Il 62 per cento delle donne intervistate dichiara “di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva”, tra queste, il 42 per cento ricopre un ruolo di responsabilità dirigenziale.

I ricercatori scrivono che “la carriera della donna è spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza: il 71 per cento sperimenta contesti in cui la leadership e i ruoli di responsabilità sono spesso prevalentemente ricoperti da uomini, il 79 per cento vede crescere i colleghi uomini più velocemente, anche se con minore esperienza della propria o di altre donne. Questa difficoltà di progredire nel proprio percorso lavorativo peggiora in contesti in cui la genitorialità è percepita come condizione esclusivamente femminile”.

Le esperienze e le testimonianze delle centinaia di donne intervistate durante la ricerca sono state raccolte all’interno della survey LEI (Lavoro, Equità, Inclusione), realizzata da Fondazione Libellula e consultabile integralmente scaricando l’ebook dedicato a questo link. In quello che assume le forme di una cronaca di disuguaglianze, si scopre che quasi una donna su due ha timore a comunicare la propria gravidanza a lavoro, ma che poi due terzi di essere vede rallentare – effettivamente – il proprio percorso di crescita a causa della maternità.