Craig Auringer, il sistema pompa e sgonfia: ecco come agiva il re delle truffe di New York

I retroscena dell'arresto in pieno centro a Milano del broker miliardario ricercato in America

Il finanziere canadese Craig Auringer (foto Twitter)

Il finanziere canadese Craig Auringer (foto Twitter)

Milano, 18 ottobre 2022 - ​Un po’ Gordon Gekko un po’ Jordan Belfort. Azioni gonfiate e rivendute sul più bello per incassare in un lampo e far sparire il bottino nei paradisi off shore, lasciando a tasche vuote migliaia di americani ingolositi dal miraggio del capitale raddoppiato. Campagne promozionali a tappeto e pagate a caro prezzo per far abboccare più pesci possibile, ammaliati dai pifferai magici al telefono e gettati nelle fauci del famelico "Lupo di Wall Street".

La storia di Craig Auringer, o almeno la ricostruzione che ne ha fatto ad aprile il procuratore del distretto meridionale di New York Damian Williams, sembra perfetta per l’ennesima pellicola-denuncia di Hollywood sullo spietato mondo della finanza. Così come è da film la sua cattura. Inseguito da un mandato di arresto internazionale spiccato sei mesi fa negli Stati Uniti, Auringer è stato bloccato lunedì mattina dagli agenti delle Volanti in centro a Milano: era appena uscito dall’Armani Hotel, cinque stelle extra lusso di via Manzoni che aveva scelto per la sua vacanza all’ombra della Madonnina. Alla reception ha dato nome e documento autentici, forse pensando che nessuno avrebbe mai controllato quei dati; e invece è bastato che l’impiegato dell’albergo li inserisse nel computer per far scattare l’alert alloggiati, il software che segnala in tempo reale alla centrale operativa della Questura la presenza di persone ricercate in qualunque struttura. In un amen, Auringer è passato dalle boutique del Quadrilatero alle sbarre di San Vittore, in attesa che la Corte d’Appello decida della sua estradizione oltre Atlantico. Negli States, rischia una condanna di svariate decine di anni di carcere per un lungo elenco di frodi.

I capi di imputazione sono ricostruiti in un atto d’accusa di 58 pagine e lo descrivono come uno dei membri di spicco del "Bauer Ring", un gruppo di spregiudicati broker che in 14 anni (dal 2006 al 2020) avrebbe accumulato profitti illeciti per circa 100 milioni di dollari col metodo truffaldino "pump-and-dump". La traduzione nostrana rende bene l’idea: "Pompa e sgonfia". In sostanza, Auringer e compagnia avrebbero segretamente preso il controllo di imprese quotate in Borsa. Imprese con caratteristiche ben precise: piccole e con core business accattivanti, dalla gestione di giacimenti petroliferi (vedi la Virtus Oil&Gas di Los Angeles) allo sviluppo di piattaforme video (come la Lifelogger Technologies di Palm Beach).

Lo schema di manipolazione del mercato prevedeva poi il secondo decisivo step: quello di far salire a dismisura il valore delle azioni, ingolosendo i piccoli investitori con fusioni di facciata e informazioni false sui piani di sviluppo. Infine, il terzo e ultimo passaggio: la svendita delle quote accumulate in precedenza, provocando il rapidissimo tracollo sul listino e massimizzando gli incassi. Dove finiva quella montagna di quattrini? Veniva riciclata con fatture, contratti e accordi fasulli, per poi essere schermata dietro società anonime basate tra Svizzera, Hong Kong e Singapore. Un meccanismo apparentemente perfetto, bucato dagli investigatori dell’Fbi. "Non importa dove ti trovi nel mondo, il nostro ufficio ti perseguirà con vigore", la roboante dichiarazione del procuratore Williams. I poliziotti di via Fatebenefratelli lo hanno preso alla lettera.