Stalking via Whatsapp

I reati in rete sono sempre più perseguiti dai giudici

Milano, 14 marzo 2019 - I reati in rete sono sempre più perseguiti dai giudici, che non esitano a riconoscere risarcimenti anche rilevanti alle vittime di molestie on line e a stabilire condanne esemplari per i responsabili. L’invio di troppi messaggi di WhatsApp, pratica assai ricorrente, può portare perfino alla reclusione. Un uomo, finito sotto processo per avere abusato di messaggi WhatsApp a una persona di sua conoscenza, è stato recentemente condannato, in via definitiva, a 6 mesi di carcere per il reato di stalking con «l’aggravante dell’uso del mezzo informatico». Già qualche mese fa un imputato era stato condannato in via definitiva per stalking dopo avere perseguitato con telefonate e messaggi, corredati di video e foto, una professionista incaricata dal Pubblico ministero di effettuare una consulenza psicologica sulla figlia, per un altro procedimento, i cui risultati non erano stati apprezzati dall’uomo.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, l’invasione compiuta ai danni della vita privata della donna è evidente e inequivocabile per il riferimento, in una delle comunicazioni, alla città dove la professionista viveva e alla sua famiglia. Nel ricorso in Cassazione, l’imputato si difendeva sostenendo che la sua condotta era stata di breve durata e che si era limitata all’invio di dodici messaggi attraverso WhatsApp e a due telefonate: comportamenti, dal suo punto di vista, non lesivi della personalità altrui. In una delle telefonate effettuate da un soggetto non identificato ma legato all’imputato, che ha ammesso di essere stato presente durante la conversazione, il chiamante accusava la persona offesa di aver mal giudicato la figlia dell’imputato e aggiungeva che il ricorrente conosceva la famiglia della dottoressa e la città nella quale viveva, insistendo per un incontro di persona.

I messaggi di testo erano dodici, inviati nell’arco di un’ora e mezzo, con sei fotografie e tre video, mentre la dottoressa si trovava presso i carabinieri per formalizzare la querela. Si tratta di gravi intrusioni nella sfera intima della persona offesa che la hanno spinta a pernottare in un’altra abitazione, sospendendo la propria attività professionale, nel timore di poter essere raggiunta in studio. Secondo la Cassazione ciò è sufficiente per far scattare la condanna per stalking via WhatsApp