Più biodiversità o ci perdiamo pure la frutta

Da qui a quindici anni molta della frutta che arriva sulle nostre tavole potrebbe non esserci più.

DOMANDA:

SI PARLA tanto di qualità del cibo, ma non ci si rende conto che mangiamo sempre le stesse cose. E che alcune sono quasi sparite. Parlo dei mandarini per esempio, quelli veri, coi semi. Possibile che trovi solo clementine sui banchi degli ortofrutta? E le mele? Solo di una certa pezzatura e lucide? Pere, idem. Non pretendo di mangiare la frutta di quando ero giovane (diciamo un cinquant’anni fa) e andava bene anche quella “selvatica”, ma oggi è tutto così uguale che ho il sospetto che ci stiamo perdendo qualcosa. Elio, Milano

RISPOSTA: 

CERCHIAMO di gustare quella che c’è finché è possibile, da qui a quindici anni molta della frutta che arriva sulle nostre tavole potrebbe non esserci più. E non sarà per una questione di costi. A furia di rendere tutto più omogeneo per ampliare al massimo la produzione seguendo quelle che sono le linee del mercato, in un secolo ci siamo persi seimila varietà di frutta. Oggi in Italia, dato Coldiretti, se ne contano 2.000 contro le 8.000 di inizio Novecento. Non solo, di queste almeno la metà sono indicate a rischio in un rapporto della Fao che pone l’attenzione sui rischi che il calo della biodiversità avrà non solo sul cibo ma anche sull’ambiente, perché a rendere fragile questo equilibrio contribuisce tutto un sistema di organismi e microrganismi che sostengono la produzione. Si pensi solo alle api e ad altri impollinatori come le farfalle che da tempo mandano segnali di difficoltà a resistere ai cambiamenti imposti dall’uomo. Sul tema si è iniziato ad intervenire, ora si tratta di accelerare. ivano.costa@ilgiorno.net