Via Vallone, case salve: niente depuratore

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Rientrato l’allarme per i residenti di via Vallone di Gavardo che, per alcune settimane, hanno temuto che le loro abitazioni potessero essere demolite per far posto al depuratore del Garda. Lo spettro dell’esproprio era legato alla richiesta avanzata ad Acque Bresciane dal commissario per la depurazione della sponda bresciana del Garda, il prefetto Attilio Visconti, per una valutazione tecnica ed economica dell’eventuale realizzazione dell’impianto sulla sponda sinistra, invece che su quella destra come da progetto iniziale, per superare il vincolo paesaggistico evidenziato dalla Soprintendenza. L’analisi non ha evidenziato risparmi significativi né vantaggi sul fronte tecnico; inoltre, si sarebbero allungati i tempi per via degli espropri. Da qui, la scelta del commissario di tornare all’idea originaria, sponda destra del Chiese di Gavardo. "La criticità dell’esproprio non esiste più – ha commentato il sindaco di Gavardo, Davide Comaglio – ma il progetto originale che il Commissario vuole portare avanti è in una zona paesaggisticamente delicata come certificato dalla Soprintendenza. Ben 10 comuni, oltre a Gavardo, hanno già presentato ricorso al Tar contro la decisione di realizzare i depuratori del Garda a Gavardo e Montichiari". Filippo Grumi, ingegnere referente del comitato Gaia di Gavardo, aveva da subito evidenziato che l’ipotesi di cambiare sponda al progetto del depuratore di Gavardo non stava in piedi. "Questa volta il progetto alternativo era quello definito ‘migliorativo’ e sostenuto dal prefetto ma se lo sono bocciato tutto da soli – la sua riflessione –. Avanti con il progetto di prima: però avete giocato con la vita delle persone e per questa cosa si è perso un mese -così in totale fanno sei mesi buttati via - alla faccia di chi sosteneva che la nomina del Commissario Prefetto avrebbe accelerato i tempi". Intanto, la Loggia replica al presidio ‘9 agosto’, che protesta da quella data sotto la Prefettura contro il commissariamento e per la tutela del fiume Chiese, in merito al costo richiesto per l’occupazione del suolo pubblico con gazebo. Le associazioni, tutte no profit, avevano detto di non voler pagare i 13 euro al giorno richiesti dal Comune. La Loggia spiega che "i risultati dell’istruttoria sono di natura tecnica e gli uffici applicano quanto previsto da norme e regolamenti validi per tutti". "Però i plateatici di attività commerciali non pagano nulla fino al 31 dicembre", evidenzia Marco Apostoli, di Basta Veleni.

Federica Pacella