Strage di Brescia, sedicesimo processo: su Tramonte ultima sfida per la verità

Il sì alla revisione per l’ex spia del Sid, unico oggi all’ergastolo, e le due visioni: svolta o passaggio tecnico

Strage Brescia: ergastolo Maggi-Tramonte

Strage Brescia: ergastolo Maggi-Tramonte

Brescia, 15 maggio 2022 - I giudici hanno disposto un nuovo processo perché l’istanza difensiva ha aperto una breccia in grado di minare il castello accusatorio, oppure hanno dato una risposta in punta di diritto, che riguarda solo l’ammissibilità della stessa? Il presidente della Corte d’appello Giulio Deantoni ha detto sì alla revisione dell’ergastolo inflitto nel 2017 Maurizio Tramonte per la strage del 28 maggio 1974, e sulle parti incombe un unico interrogativo, che le tiene in fibrillazione per ragioni opposte, entrambe plausibili.

Da un lato c’è il 70enne padovano, negli anni ‘70 giovane spia del Sid con il nome di Fonte Tritone, infiltrato di Ordine nuovo e oggi unico condannato per la strage di Brescia (l’altro, il medico veneziano Carlo Maria Maggi, è deceduto ai domiciliari mentre scontava la pena a vita): "Sono stato condannato ingiustamente – ha detto l’altroieri videocollegato dal carcere di Fossombrone –. In piazza non c’ero, alla riunione preparatoria della strage nemmeno, gli ex compagni di cella Vincenzo Arrigo e Domenico Gerardini che mi hanno accusato sono calunniatori ignoranti e invidiosi".

Dall’altra ci sono, compatti, procura generale e parti civili. I giudici hanno accolto la revisione solo per sentire la moglie che sposò Fonte Tritone nel ‘74, Patrizia Foletto, e la sorella maggiore, Manuela, mai ascoltate prima. Prove nuove, dunque. L’8 luglio le due dovranno deporre sulla circostanza che all’epoca il 22enne camerata portasse una barba lunga e folta. Stando alla difesa, incompatibile con il volto liscio di un ragazzo ritratto in una foto in piazza in concomitanza con l’esplosione. Per l’accusa invece proprio Tramonte.

Tuttavia altre parti dell’istanza - la presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni confessorie rese in procedimenti connessi, poi ritrattate, e l’ipotizzato conflitto delle sentenze di Brescia con quelle di Venezia, che nel 1985 attribuirono la strage a neofascisti bresciani - non hanno trovato spazio. Questo inedito sviluppo a distanza di 48 anni dalla bomba che squarciò quella manifestazione sindacale uccidendo otto persone e ferendone oltre cento, ormai al sedicesimo grado di giudizio - e di recente la procura ha chiuso una nuova inchiesta su due presunti esecutori materiali - si presta, si diceva, a una doppia lettura.

Gli avvocati Baldassarre Lauria e Pardo Cellini, pronti a chiedere per il proprio assistito i domiciliari, esultano: "L’accoglimento della revisione è un fatto eccezionale, presagiamo un’inclinazione della Corte a ritenere la presenza in piazza di Tramonte baricentrica per la condanna, proprio come intendiamo noi – giubila Lauria – altrimenti perché volere sentire le due donne? Smontiamo quella, cade tutto". Il pg Guido Rispoli e le parti civili, invece, seppure cauti, ritengono l’accoglimento un passaggio di mera ammissibilità dell’istanza: "L’ergastolo poggia sull’intraneità di Tramonte agli ambienti eversivi. Sapeva del progetto della strage, partecipava alle riunioni preparatorie e ha taciuto. La Cassazione annullando la sua assoluzione ha invitato la Corte d’appello di Milano a rianalizzare i numerosi elementi probatori a carico in modo organico, indipendentemente dalla presenza in piazza. E i giudici milanesi così hanno fatto".