Omidici in corsia, non per le infermiere

Nelle loro deposizioni hanno difeso l’operato di Carlo Mosca, primario del Pronto Soccorso di Montichiari

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di Beatrice Raspa

Nuova udienza in Assise per Carlo Mosca, l’ex primario reggente del prontosoccorso di Montichiari a processo con l’accusa di triplice omicidio volontario aggravato dei pazienti Covid e falsificazioni delle cartelle cliniche. Stando al pm Federica Ceschi il 48enne medico cremonese, come sempre presente in aula, nel marzo 2020 soppresse Carlo Bassi, 61enne di Ghedi, Angelo Paletti, 79enne di Isorella ed Ernesto Nicolosi, 80enne di Carpenedolo, iniettando succinilcolina e propofol, farmaci letali senza immediata intubazione. Anche ieri spazio a colleghi e infermieri, testi dell’accusa, che hanno preso le distanze dalle contestazioni. L’ausiliaria Monia Flocchini, di turno la notte prima della repentina morte di Bassi, ha ricordato quando le fu detto di uscire dalla sua stanza, un ordine che all’epoca sostenne le fu impartito da Mosca ("Un bravissimo medico, sempre corretto e rispettoso, per il quale ho firmato una lettera di sostegno"), ma che ieri non ricordava. "In quel frangente sentìì nominare un farmaco che non conoscevo, succinilcolina". In un’intercettazione ambientale captata fuori dalla sala fumo il 18 novembre 2020, a indagine avviata, il primario s’informa: "Hanno trovato tracce? Chi c’era in quella stanza?" La controparte della conversazione per l’accusa è Flocchini, che però nega la chiacchierata. Luisa Carminati, medico d’urgenza, ricevette una confidenza dall’infermiera Silvia Fenocchio, la quale avrebbe saputo dal collega Massimo Bonettini che Mosca utilizzava la succinilcolina con i pazienti: "Mi sembrò una chiacchiera inverosimile e non feci verifiche, ne parlai solo con mio marito, ex primario, e la collega Sabrina Pezzotti, della mia stessa idea. Con Mosca erano capitate divergenze sui dosaggi dei farmaci, lui tendeva a volerli più alti, io più bassi, ma nulla di più. La gestione in emergenza dei pazienti era condivisa con gli anestesisti". L’imputato aveva fama da “interventista“, ha ammesso Pezzotti, ma senza esiti negativi.

"Si è speso tanto per l’ospedale, dormiva in B&b per essere sempre presente, ci ha molto aiutato in quel periodo". In aula anche il maresciallo maggiore del Nas, Cesare Marchini, che ha ricostruito le fasi dell’inchiesta e le difficoltà incontrate con le intercettazioni. Temendo di essere ascoltati, infatti, molti dipendenti glissavano al telefono, e fu necessario piazzare una microspia fuori dalla sala fumo. I militari si sono concentrati anche sulle ordinazioni dei medicinali: nel marzo 2020 il prontosoccorso avrebbe fatto registrare il consumo di una decina di fiale “incriminate“ superiore alla norma. Ma per la difesa fu spalmato in un periodo più lungo.