Non sottrasse i volumi del Vate Vittoriale, assolta l’ex presidente

Annamaria Andreoli non commise peculato. Ad accusare la collega era stato il suo successore

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di Beatrice Raspa

Assolta con formula piena. Non vi fu peculato. Si è concluso positivamente il processo per l’ex presidente del Vittoriale degli italiani Annamaria Andreoli, che la vedeva imputata della presunta sottrazione dalla casa museo del Vate di una quarantina di preziosi volumi. La difesa, rappresentata dall’avvocato Massimo Bonvicini, ha convinto il Tribunale che la studiosa non si impossessò di alcunché. Semplicemente prelevò dalla Fondazione 37 libri per ragioni di ricerca, poi sfociata nella pubblicazione presentata a Pescara nel 2012 in occasione del 150esimo della nascita di Gabriele D’Annunzio, e tutto fu puntualmente restituito. Solo un volume finì involontariamente “fagocitato“ dall’immensa biblioteca di Andreoli che conta oltre trentamila titoli.

La ex presidente, che fu a capo del Vittoriale dal 1997 al 2008, fu trascinata in aula dal proprio successore, Giordano Bruno Guerri, il quale anche ieri tramite l’avvocato Alessandro Brizzi aveva chiesto la condanna della collega. Prendendo le distanze anche dal pm Benedetta Callea, che al termine del dibattimento si era risolta a chiedere l’assoluzione. Furono i vertici dell’attuale Fondazione infatti a sporgere denuncia e a opporsi all’archiviazione del procedimento a carico di Andreoli, ottenendone l’imputazione coatta. Stando all’ipotesi accusatoria, anni fa dagli scaffali della prioria sarebbero spariti appunto 37 tomi di valore, tra cui opere autografe di D’Annunzio e carteggi tra il poeta e la Duse. Alcuni furono sequestrati dai carabinieri nel soggiorno della ricercatrice, altri sparirono misteriosamente nel nulla. Dietro quella sparizione per Guerri non poteva che esserci lo zampino dell’ex presidente, all’epoca incaricata di pubblico servizio e per questo, appunto, imputabile di peculato, giacché si sarebbe impossessata di un pezzo di patrimonio pubblico.

La difesa invece aveva perorato con forza l’innocenza di Andreoli, sostenendo che in ogni caso l’addebito avrebbe dovuto essere riqualificato in appropriazione indebita: la trasformazione del Vittoriale nel 2013 in Fondazione, ente di diritto privato, eroderebbe il presupposto del peculato, ossia la sottrazione del bene comune da parte del pubblico ufficiale, e in tal caso la contestazione sarebbe ampiamente prescritta.