BEATRICE RASPA
Cronaca

Gli affari della ’Ndrangheta sulle sponde del Garda: tre amministratori per otto aziende da “bonificare”

Tra Sirmione e il Mantovano le società (riconducibili a un veronese arrestato dalla Dda) saranno gestite da amministratori nominati dal Tribunale

Gli agenti della Dia di Brescia

Gli agenti della Dia di Brescia la Direzione investigativa antimafia che ha seguito l’indagine

Sirmione (Brescia) – Per almeno un anno tutte le società saranno gestite da tre amministratori nominati dai giudici, incaricati di farle ripartire “bonificate”, nell’alveo della legalità. È l’esito di un provvedimento di prevenzione emesso nelle scorse ore dal Tribunale di Brescia (sezione per l’appunto misure di prevenzione) nei confronti di otto aziende - una di Sirmione, le altre della provincia di Mantova - riconducibili a un imprenditore veronese che è in manette nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Catanzaro per presunte collusioni con la ‘ndrangheta.

Il centro operativo Dia di Brescia ha sviluppato l’indagine in questione - “Glicine Acheronte", questo il suo nome -, nella quale sono coinvolte oltre cento persone, tra cui politici e imprenditori, accusati di avere messo in piedi una sorta di comitato politico affaristico, in alcuni casi anche con le cosche, in grado di condizionare amministrazioni pubbliche locali e regionali, di orientare il voto e di decidere appalti e nomine.

Sotto la lente della Dia bresciana sono finiti i beni di un imprenditore di Peschiera del Garda che dal 2023 vive in provincia di Mantova. Già rinviato a giudizio proprio per “Glicine Acheronte", l’imputato è tuttora ai domiciliari: stando alla magistratura tramite le sue società operanti in svariati settori avrebbe emesso fatture inesistenti a beneficio del sodalizio ‘ndraghestista, creando montagne di crediti falsi.

Non a caso le aziende in questione, un giro d’affari pari a 15 milioni - quella di Sirmione, una Spa, opera nella gestione di camping, ristoranti e alberghi, le altre invece nei settori dell’ippica, delle cave e delle estrazioni e dell’agricoltura - erano già state colpite da interdittiva antimafia. Gli accertamenti condotti dalla Dia, anche mediante il ricorso a all’esame dei flussi di segnalazioni per operazioni sospette di riciclaggio, hanno consentito di confermare “radicati rapporti e cointeressi finanziari (pure esteri) con esponenti di una famiglia ‘ndranghetista che in più circostanze ha mostrato propensione a intraprendere investimenti nei territori limitrofi al Garda” fanno sapere gli investigatori.

Contatti che non sarebbero occasionali, con ricadute sulla gestione di un’ampia parte dell’articolata sfera societaria. Di qui la richiesta al Tribunale della misura dell’amministrazione giudiziaria (sulla scorta dell’articolo 34 del Codice antimafia), poi ottenuta. Una misura che annulla la precedente interdittiva e che consentirà adesso alle società di ripartire, certo alle condizioni imposte da un collegio di tre amministratori che per un anno le gestiranno all’insegna delle regole e della trasparenza. Un anno di “bonifica" all’esito del quale gli amministratori depositeranno una relazione del progetto al Tribunale.