«Green Hill rispettava la legge». Pronto l’appello

I difensori dell'allevamento sollevano questione di legittimità costituzionale B.Ras.

Uno dei beagle liberati da Green Hill

Uno dei beagle liberati da Green Hill

Brescia, 15 giugno 2015 - Green Hill, secondo atto. Dopo le condanne in primo grado all’amministratrice Ghislaine Rondot, al veterinario Renzo Graziosi e al direttore Roberto Bravi (un anno e mezzo per i primi due, un anno per il terzo), i difensori dei vertici dell’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione passano al contrattacco e si rivolgono alla corte d’appello. In 90 pagine di ricorso gli avvocati Luigi Frattini ed Enzo Bosio contestano in punta di diritto e di fatto la sentenza del giudice Roberto Gurini, «fondata sull’erronea applicazione delle norme e sul travisamento dei fatti e delle prove». Non solo chiedono l’assoluzione dal maltrattamento e dall’uccisione di animali (o in subordine la riqualifica in reati più tenui) e la revoca della confisca dei quasi tremila cani affidati alle famiglie, ma sollevano una questione di legittimità costituzionale. Per Bosio e Frattini, che sollecitano una trasmissione degli atti ai giudici supremi, l’articolo 544 bis del codice penale, l’animalicidio, vìola l’articolo 3 della Costituzione se raffrontato agli articoli 727 bis (uccisione e cattura di animali selvatici) e 638 (uccisione o danneggiamento di animali altrui). «Tutti puniscono l’uccisione di animali – si legge nel ricorso –. Tuttavia l’uccisione di animali selvatici è punita con una contravvenzione; l’uccisione senza necessità di animali di proprietà altrui con la reclusione da 15 giorni a un anno o con la multa fino a 309 euro e a querela della persona offesa; l’uccisione di un animale di cui si abbia la proprietà (…) con la reclusione da 4 mesi a 2 anni –. È a nostro parere evidente che l’articolo 544 bis preveda senza alcuna giustificazione una pena maggiore per un fatto meno grave della pena prevista per fatti più gravi». Di qui la violazione della Costituzione, che stabilisce l’uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge. La difesa insiste sulla «corretta gestione dell’allevamento» e sulle «legittime condizioni degli animali» accertate da «un numero elevatissimo» di ispezioni con esito favorevole eseguiti da pubbliche autorità, a riprova di cui sono stati forniti 67 verbali. Il giudice li ha ritenuti «inattendibili», ma per Bosio e Frattini tale sistema di valutazione è «inaccettabile».

La sentenza sarebbe perlopiù basata sul parere del consulente del pm Enrico Moriconi (che avrebbe inoltre eseguito accertamenti irripetibili in assenza dei consulenti degli indagati) e non terrebbe conto delle argomentazioni degli esperti della difesa «senza ragione». Green Hill, ribadiscono gli avvocati, ha rispettato il decreto 116/92, una legge speciale che regolamenta la tutela delle cavie da sperimentazione e rende inapplicabile i reati contestati. Ma anche in caso di violazioni, si tratta di norme «orientative» e avrebbe compiuto solo un illecito amministrativo.