F.P.
Cronaca

Direttiva habitat, si torna al 1500: pesci nella black list, c'è anche il coregone

Pescatori contro la norma che vieta l’immissione di animali non autoctoni da almeno 6 secoli

Un pescatore in azione

Un pescatore in azione

Brescia -  Lancette indietro di 6 secoli per i fiumi ed i laghi lombardi: vietato immettere specie ittiche che non erano autoctone nel 1500. Sono in fermento le associazioni di pescatori per la nuova regolamentazione introdotta dal decreto del ministero della Transizione ecologica del 2 aprile 2020 che, sulla base della direttiva habitat, vieta l’immissione di pesci alloctoni. L’obiettivo di salvaguardare l’ambiente rischia di creare situazioni paradossali: nella black list sono finiti pesci come il coregone o la trota faria che nel Garda sono presenti da più 2-300 anni.

"Con gli incubatoi, come quello di Desenzano e Clusane – spiega piega Germano Bana, vicepresidente Unione Pescatori Bresciani – si dava un minimo di supporto alla riproduzione naturale, minacciata da inquinamento e centraline. Il rischio è che in 3 anni il coregone possa sparire dal lago d’Iseo, in 5 dal Garda". Il punto, dicono i pescatori, non è il contenimento di specie alloctone in generale, ma l’applicazione indiscriminata. "Un conto sono i pesci invasivi, come il siluro, che effettivamente creano scompensi. Ma, ad esempio, a Ponte di Legno invece della trota fario, si dovrà immettere la trota marmorata, che non si adatta a tutte le acque: è come se si obbligasse a mettere i caprioli sulle spiagge della Sicilia". Si rischiano danni non solo per il settore pesca, ma per tutto l’indotto: in Lombardia le vendite del coregone valgono 4 milioni di euro e l’intera filiera legata al prelievo, compresa la ristorazione, genera un valore di oltre 10 milioni di euro. Il 13 novembre in Regione è fissato un incontro per chiedere una modifica: dal Pirellone è già partita la richiesta di deroga, ma i tempi si stanno prolungando.