Processo Bossetti, il giallo del tentato suicidio: "Solo una crisi di rabbia in cella"

Nel pomeriggio di venerdì Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo processato per l’omicidio di Yara Gambirasio, non ha tentato il suicidio, strangolandosi con una cintura, nella sua cella nel carcere di Bergamo di Gabriele Moroni

Massimo Giuseppe Bossetti Il presunto assassino di Yara Gambirasio, in una foto tratta dal suo profilo Facebook

Massimo Giuseppe Bossetti Il presunto assassino di Yara Gambirasio, in una foto tratta dal suo profilo Facebook

Bergamo, 22 luglio 2015 - Nel pomeriggio di venerdì Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo processato per l’omicidio di Yara Gambirasio, non ha tentato il suicidio, strangolandosi con una cintura, nella sua cella nel carcere di Bergamo. È vero però, al di là delle smentite ufficiali, che al rientro dopo l’udienza in Corte d’Assise, prostrato, disperato, è stato colto da una violenta crisi di nervi in cui avrebbe minacciato anche di farla finita. Di qui la decisione di sottoporlo a una sorveglianza strettissima. In una relazione al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il direttore della struttura di via Gleno, Antonio Porcino, «esclude che il detenuto possa aver aver messo in atto gesti anticonservativi». Al rientro in carcere, il commissario Daniele Alborghetti, che aveva seguito Bossetti in udienza, aveva però riferito al comandante di reparto «un episodio relativo ai rapporti tra i detenuto e la moglie». Infatti, il pubblico ministero Letizia Ruggeri aveva chiesto che venissero acquisite le nove ricevute di un motel di Stezzano dove Marita Comi, la moglie del muratore di Mapello, si sarebbe incontrata con un uomo e la testimonianza di due presunti amanti.

La crisi, violenta. Un uomo sconvolto per quanto aveva appreso sul conto della sua compagna e i suoi presunti tradimenti. Un detenuto a rischio, tanto che il comandante di reparto aveva ritenuto opportuno impartire una disposizione di servizio al personale addetto alla sezione «protetti», dove si trova Bossetti: quella di effettuare «frequenti controlli sul predetto detenuto, al fine di prevenire e/o impedire qualsiasi gesto inconsulto». Nella relazione di servizio allegata alla comunicazione al Dap, il comandante di reparto Antonio Ricciardelli, oltre a smentire il tentato suicidio, riferisce un suo colloquio con il detenuto nella mattinata di sabato: «In quella occasione lo stesso mi riferiva di essere deluso per i comportamenti tenuti dalla moglie, di cui aveva avuto conoscenza nel corso dell’udienza. In quella sede ho raccolto lo sfogo del detenuto che peraltro non ha mai paventato intenti anticonservativi». Ieri Bossetti è stato sottoposto a due visite: lo psicologo che lo segue e lo psichiatra Alessandro Meluzzi, consulente della difesa. «L’ho incontrato – dice Meluzzi – per un’ora. Ha ricostruito l’episodio e il suo dialogo con il comandante. E’ una persona in gravissima sofferenza psichica. L’ho visto provatissimo, affranto. C’è il rischio che reiteri il suo gesto. Mi ha raccontato che già all’inizio della detenzione si era munito di lacci e altro. Chiederemo che venga affidato a una comunità terapeutica in provincia di Bergamo. Chiederemo una perizia che verifichi la sua compatibilità con la vita carceraria e la capcacità di stare in giudizio». Donato Capece, segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria Sappe, smentisce l’atto autolesionistico. Smentisce Francesco Dettori, procuratore di Bergamo: «Sono state fatte tutte le verifiche. L’episodio non esiste».

Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, polemizza a distanza: «Non credo che si debba arrivare alla esegesi dei termini ‘tentativo di suicidio’. Se per tentato suicidio si intende che Bossetti si sia appeso, questo non è avvenuto e spero che non avvenga. Se invece intendiamo qualcosa volto a compiere un gesto gesto autolesionistico, che ha immediatamente richiamato l’attenzione degli agenti della sorveglianza, questo è avvenuto».