Il postino qui suona sempre meno: inevase 5mila tonnellate di lettere

Al collasso Centro di smistamento di Peschiera e succursale di Linate. I Cobas: "Colpa del recapito organizzato a giorni alterni"

Un centro postale

Un centro postale

A puntare il dito sull’emergenza sono i Cobas, che denunciano un sovraccarico di plichi inevasi nel principale polo di smistamento della regione. Secondo il sindacato, la giacenza si è accumulata in seguito alla riorganizzazione del servizio di recapito della corrispondenza che, da qualche tempo, avviene a giorni alterni in otto province lombarde. «Si tratta di una novità che è stata introdotta dall’azienda, in un’ottica di riduzione dei costi - dichiara Stefano Ancona, del Cobas -. Questo ha creato un problema di accumulo: per non sovraccaricare gli uffici di recapito e le sedi locali (e per non ammettere che il servizio a giorni alterni non funziona), gran parte della posta viene lasciata al Cmp». Il problema si trascina da un paio da mesi e si è aggravato nelle ultime settimane, con la corrispondenza natalizia e i turni di ferie degli addetti allo smistamento. «Solo l’altro giorno - precisa Ancona - è stata mandata in lavorazione la posta di novembre 2016». 

Peschiera Borromeo (Milano), 7 gennaio 2017 - Cinquemila tonnellate di posta in giacenza tra lettere, pacchi e raccomandate: il Centro di smistamento meccanizzato di Peschiera Borromeo (Cmp) e la succursale di Linate sono al collasso. È questa la situazione descritta dai Cobas, che denuncia un sovraccarico di plichi inevasi nel principale polo di smistamento della regione. Secondo il sindacato, la giacenza si è accumulata in seguito alla riorganizzazione del servizio di recapito della corrispondenza che, da qualche tempo, avviene a giorni alterni in otto province lombarde. «Si tratta di una novità che è stata introdotta dall’azienda, in un’ottica di riduzione dei costi – dichiara Stefano Ancona, del Cobas -. Questo ha creato evidentemente un problema di accumulo: per non sovraccaricare gli uffici di recapito e le sedi locali (e per non ammettere che il servizio a giorni alterni non funziona), gran parte della posta viene lasciata al Cmp».

Il problema si trascina da un paio da mesi e si è aggravato nelle ultime settimane, con la corrispondenza natalizia e i turni di ferie degli addetti allo smistamento. «Solo l’altro giorno è stata mandata in lavorazione la posta di novembre 2016», conferma Ancona. Secondo quanto riferito dal sindacato, già a partire da questi giorni si cercherà di tamponare la situazione con turni straordinari del personale in servizio. «Inoltre – aggiungono i Cobas – Poste Italiane ha annunciato per la settimana prossima un’ispezione nella sede di Peschiera Borromeo. In realtà, l’ispezione è superflua: coi sistemi di monitoraggio interni all’azienda, si ha la possibilità di conoscere da subito se c’è posta in giacenza». Il timore è che la situazione, già critica, possa peggiorare col completamento della riorganizzazione del servizio di recapito.

Nelle previsioni a consegna a giorni alterni dovrebbe scattare anche nelle province che finora non sono state coinvolte dall’iniziativa (Lodi, Milano, Mantova e Monza-Brianza) – entra nel dettaglio Stefano Ancona -. Questo potrebbe creare ulteriori contraccolpi al sistema». Dal canto suo, l’azienda si riserva di replicare nelle sedi dedicate (tavoli e piattaforme di trattativa) alle obiezioni sollevate dal sindacato, secondo una prassi già in uso. Con circa 800 addetti, il Cmp di Peschiera Borromeo è il più grande centro di smistamento postale della Lombardia. Non è la prima volta che, in questo contesto, i sindacati denunciano situazioni di sovraccarico, ritardi e difficoltà nella gestione del lavoro. Il precedente riguarda in particolare l’estate del 2014, quando è stata segnalata la giacenza di 800 sacchi di corrispondenza proveniente dall’estero. Alcuni mesi prima, fonti interne alla struttura avevano denunciato pesanti disservizi nelle comunicazioni relative alle elezioni amministrative del maggio e novembre 2013: in alcuni casi, gli elettori residenti all’estero erano stati avvisati dell’appuntamento con le urne con sette mesi di ritardo.