
Il ritorno alla Festa dell'Unità dopo sei anni
Sesto San Giovanni (Milano), 6 novembre 2016 - Nomine sfumate, defezioni nella coalizione, assessori scaricati. C’è maretta nella vita politica di una Sesto ormai in piena campagna elettorale. E anche Filippo Penati si sta dando da fare. Dietro le quinte ma non troppo, visto che le voci si inseguono e la gente glielo chiede per strada.
Penati, si ricandida a sindaco? «Non è questo ora il tema, bensì come creare una coalizione vincente. Io comunque resto un uomo di sinistra, e non mi sottrarrò dal fare la mia parte».
Avrebbe partecipato alle primarie? «Se ci fossero state, mi sarei candidato. Ma non darei per scontato che non ci siano. Sono un mezzo che la coalizione ha per coinvolgere più soggetti che contribuiscano a costruire la vittoria».
Quindi non un mezzo contro la candidatura di Monica Chittò? «Assolutamente no. Pensare chele primarie siano contro di lei significa teorizzare che le perderebbe. Io mi sto adoperando perché la coalizione si allarghi, unendo a sé le forze della comunità».
Come si sono comportati i politici locali durante la sua vicenda giudiziaria? «Dalla gente non mi sono mai mancati affetto e solidarietà. Molti politici invece hanno preso le distanze, la vicenda è stata un setaccio».
Eppure nessun risentimento? «No, tanto che attraverso il segretario provinciale del Pd Pietro Bussolati ho fatto arrivare al sindaco la mia disponibilità a dare una mano nella vicenda Pelucca».
Ma il presidente ora è Berti... «Sono state fatte altre scelte».
Il «Sistema Sesto» ha arrecato un danno d’immagine alla città? «È innegabile, quei fatti attribuiti in sentenza dai giudici al dopo Penati hanno fatto della città il luogo simbolico del malaffare anche nella battaglia politica».
Cosa fare per recuperare? «Già la mia assoluzione e l’archiviazione di altre posizioni come quella del sindaco Giorgio Oldrini indicano che è arrivato il momento di girare pagina».
Come? «Attualmente la maggioranza che regge il sindaco e la Giunta è largamente insufficiente sulla carta a vincere le prossime elezioni. Se la coalizione non si rende competitiva, al ballottaggio si rischia di perdere come a Torino. Sono convinto che, se Grillo vedesse Sesto contendibile, non esiterebbe a scendere in campo in prima persona».
Dove si allarga la coalizione? «Serve un percorso dal basso, una vera rigenerazione della politica per fare leva sul civismo diffuso di persone perbene che hanno a cuore sia la buca davanti a casa sia il bene della comunità. Un luogo d’incontro vero, un modello a livello nazionale».
Diversamente? «Un Pd in corsa solitaria rischia di non essere sufficiente a vincere. A Sesto il Pd ha già scelto il candidato e dice che per statuto non fa le primarie tra primo e secondo mandato. Se si irrigidisse, dimostrerebbe di non saper cogliere la sfida sul campo».
Ovvero? «Sesto è la città dove i lavoratori hanno prodotto una sinistra di buon governo. La città Medaglia d’oro della Resistenza, dove i diritti sono intrecciati ai doveri e la responsabilità alla solidarietà. La sestesità deve rialzare la testa e affermarsi attraverso il coinvolgimento di tutte le forze civiche».