Arese, l’operaio Fiat che rifiuta i risarcimenti: "Ho diritto al mio lavoro"

Benedetto Andriotta, 52 anni, ex tuta blu all'Alfa Romeo: "I soldi finiscono in fretta, voglio arrivare alla pensione" di Roberta Rampini

Benedetto Andriotta, 52 anni (Studio Nord)

Benedetto Andriotta, 52 anni (Studio Nord)

Arese, 25 ottobre 2014 - «Voglio il lavoro non i soldi». È rimasto da solo nella battaglia legale contro la Fiat per il mancato rispetto dell’Accordo che impegnava la casa automobilistica torinese a ricollocare gli ultimi lavoratori rimasti ad Arese negli stabilimenti del Gruppo. Ma non si rassegna, «molti colleghi hanno conciliato e accettato i soldi, ma come ho spiegato al giudice in Tribunale a me mancano pochi anni per la pensione, i soldi finiscono in fretta e poi chi mi prende a lavorare alla mia età?».

Lui è Benedetto Andriotta, 52 anni di Milano, ex tuta blu dell’Alfa Romeo di Arese. Dal 1988 al 2009 ha lavorato nel settore abbigliamento, al capannone sei. Poi quando il reparto è stato smantellato ed è scattata la cassa integrazione straordinaria per tutti. Qualcuno ha accettato il trasferimento a Torino, altri gli incentivi all’esodo. Pochissimi invece sono stati ricollocati da Fiat negli stabilimenti in provincia di Milano, come scritto nell’Accordo sottoscritto con il Ministero. Benedetto è uno di quelli che ha scelto la strada più lunga e difficile, forse, «chi ha accettato di andare a Torino si alza alle quattro del mattino, inizia il turno alle sette, rientra a casa alla sera, con lo stesso stipendio di prima, senza un’indennità di trasferta, senza vedere la famiglia, io non voglio fare una vita così - racconta l’ex tuta blu - ma non voglio nemmeno firmare il licenziamento in cambio di 33.000 euro perché tra qualche anno, quando i soldi saranno finiti, sarò troppo vecchio per un nuovo lavoro e non avrò i requisiti per la pensione. Voglio un posto di lavoro. La Fiat è proprietaria dell’Iveco di Pregnana Milanese, della Magneti Marelli di Corbetta e ha altre sedi di lavoro qui in zona. Perché devo buttare via una vita di lavoro, 38 anni di contributi all’Inps solo perchè la Fiat non vuole rispettare gli accordi?».

L'ex operaio è arrabbiato anche con le organizzazioni sindacali che hanno firmato gli accordi e non ha fatto nulla per chiederne il rispetto: «Quando abbiamo iniziato la causa contro la Fiat eravamo in 13 operai, il sindacato ci diceva di andare avanti perché avevamo sacrosanta ragione, poi uno dopo l’altro, compresi i delegati sindacali hanno accettato i soldi e rinunciato al posto di lavoro. Quando hanno iniziato a chiudere i reparti produttivi i sindacati ci dicevano che nessuno sarebbe rimasto in mezzo alla strada, che c’erano Accordi di programma che garantivano lavoro nell’area ex Alfa Romeo a tutti, invece le cose sono andate diversamente. Io sono un esempio, ma ce ne sono molti altri che ormai si sono arresi».

La prossima udienza della causa contro Fiat è stata fissata per il 24 novembre. «Voglio ascoltare come risponde Fiat alle mie osservazioni. Dimostrerò che un posto di lavoro per me c’è, ma non a Torino, qui in provincia di Milano», conclude Benedetto.

roberta.rampini@ilgiorno.net