Bollate, al galoppo oltre le sbarre con il progetto "Cavalli in carcere"

L'iniziativa ha l'obiettivo di insegnare un mestiere ai detenuti. Il fondatore Claudio Villa ha ricevuto il "Panettone d'oro": "Cerchiamo di dare una seconda occasione" di ROBERTA RAMPINI

Claudio Villa nel maneggio del carcere

Claudio Villa nel maneggio del carcere

Bollate (Milano), 9 febbraio 2016 - I primi cavalli sono entrati in carcere nel 2007. Erano cinque, oggi sono ventiquattro. Il progetto "Cavalli in carcere" avviato all’interno della casa di reclusione Milano-Bollate, ancora oggi, è l’unico in Europa del suo genere. Il fondatore e presidente dell’Associazione Salto Oltre il Muro, Claudio Villa, sabato sera ha ricevuto il "Panettone d’oro" nell’ambito della XVII edizione del "Premio alla Virtù Civica" di Milano. "Questo riconoscimento mi ha sorpreso e l’ho dedicato a tutti gli amici, volontari e detenuti, con i quali ho condiviso il percorso - racconta Claudio -, è stata un’opportunità per far conoscere il progetto che vive solo di volontariato. Per questo motivo abbiamo bisogno anche del sostegno di istituzioni e sponsor". Il progetto "Cavalli in carcere" è un’altra delle scommesse vinte dall’istituto di Bollate, all’avanguardia per le iniziative di reinserimento sociale e lavorativo.

"In questi nove anni sono stati oltre duecento i detenuti che hanno seguito i corsi di formazione, insieme a docenti esperti in materia abbiamo insegnato loro una professione, maniscalco o artiere - spiega Villa -. Uno dei primi detenuti che ha fatto il corso da maniscalco adesso lavora in una realtà esterna come insegnante". Stalle, scuderia e maneggio sono stati costruiti con materiale di recupero preso dai cantieri confinanti con il carcere. Il progetto, come recita lo slogan, offre una seconda opportunità ai detenuti, ma anche ai cavalli.

Nella scuderia, in questi anni, sono arrivati molti animali sequestrati alla criminalità organizzata, abusati, destinati al macello o a fine carriera. "È una seconda opportunità - aggiunge Claudio -, il rapporto tra detenuto e cavallo è molto forte perché entrambi vivono la privazione della libertà: i primi perché hanno commesso qualcosa contro la società, i secondi invece spesso sono rinchiusi senza colpe". Ancora oggi quella nel carcere di Bollate è l’unica scuderia dietro le sbarre in tutta Europa: "I detenuti devono anche pulire il letame, dare da mangiare ai cavalli. Eccetto un poliziotto e il sottoscritto, sono loro che mandano avanti l’attività", precisa Villa. Venerdì scorso nella scuderia è tornata per la seconda volta suor Pauline Quinn, la religiosa americana ha voluto confrontare il suo progetto di rieducazione dei detenuti grazie ai cani con l’iniziativa "Cavalli in carcere".

di ROBERTA RAMPINI