Omicidio Garlasco e il sangue che non macchia: i periti litigano sui passi di Stasi

È scontro di periti. È scontro fra tesi inconciliabili. Nella immensa aula della prima Corte d’Assise d’appello di Milano il film dell’omicidio di Garlasco si riannoda là dove era partito: la camminata di Alberto Stasi nello scenario insanguinato della casa della fidanzata Chiara Poggi di Gabriele Moroni

Alberto Stasi

Alberto Stasi

Garlasco (Pavia), 9 ottobre 2014 - È scontro di periti. È scontro fra tesi inconciliabili. Nella immensa aula della prima Corte d’Assise d’appello di Milano il film dell’omicidio di Garlasco si riannoda là dove era partito: la camminata di Alberto Stasi nello scenario insanguinato della casa della fidanzata Chiara Poggi. Ma non solo. È una lunga giornata che vede i protagonisti rinserrarsi in una clausura quasi monastica. È già battaglia nella mattinata, quando il professor Francesco De Stefano, dell’università di Genova, illustra i risultati degli esami del corto capello castano trovato nel palmo sinistro di Chiara e dei margini delle unghie della vittima. Nullo il primo, troppo esiguo il reperto. La questione dei margini ungueali dà fuoco alle polveri e accende gli animi. Per i legali di Stasi, guidati dal professor Angelo Giarda, con il figlio Fabio e l’avvocato Giuseppe Colli, potrebbe emergere la presenza di due cromosomi maschili Y, uno dell’imputato e l’altro di un fantasmatico secondo uomo. La replica del perito suona tranchant: l’ipotesi del doppio cromosoma «non è scientificamente sostenibile». Sono stati evidenziati solo 5 marcatori comuni con Stasi, come potrebbero esserlo con alcune migliaia di altre persone. Allora, chiosa la difesa, anche l’attribuzione a Stasi può essere solo teorica. Contribuisce anche il piccolo «giallo» di una tabella contenuta nella perizia che sarebbe stata corretta in un secondo tempo dagli esperti con un «errata corrige». La dialettica diventa scontro nel pomeriggio. Entrano in scena i periti (il medico legale torinese Roberto Testi e i professori bolognesi Gabriele Bitelli e Luca Vittuari) per le calzature indossate dall’indagato quel 13 agosto del 2007 e la ricostruzione del suo percorso sulla scena del delitto. Le possibilità per Stasi, hanno concluso i periti, di non calpestare nemmeno una delle chiazze ematiche davanti alla porta della cantina e sui primi due gradini della scala (dove si trovava il corpo di Chiara) variavano da 13 a 16 ogni miliardo. Anche le macchie secche, una volta segnate e infrante delle sue suole a spina di pesce, avrebbero sporcato le scarpe che invece si presentavano intonse. La difesa si schiera immediatamente a difesa del suo caposaldo: l’«evitamento inconsapevole» delle macchie ematiche. Stasi avrebbe potuto schivarle senza pensarci, come si scansa una pozzanghera. Il confronto sul punto è molto duro. Il processo si giocherà qui.  Stasi si presenta a Palazzo di Giustizia poco prima delle 8.30, al volante della sua Bmw grigio scuro. Precede di pochi minuti Rita e Giuseppe Poggi con il figlio Marco. Giuseppe è come sempre il più emozionato, Rita rimane serenamente determinata. «Ci sono - dice la madre di Chiara - delle nuove perizie. Sono aumentate le probabilità che aveva di sporcarsi le scarpe. Speriamo che si arrivi a quello che noi speriamo». Per sette ore i genitori di Chiara e Alberto Stasi si guardano senza vedersi.