Andrea De Alberti, l’oste-poeta di Pavia. "Il mio libro, sfida con papà"

Racconta la sua arte, tra pietanze e versi

Andrea De Alberti, 43 anni (Torres)

Andrea De Alberti, 43 anni (Torres)

Pavia, 21 maggio 2017  - Lavorando ogni giorno osserva i personaggi che entrano nel suo locale e tra ispirazione per i suoi libri. Andrea De Alberti, 43 anni, ormai è noto a Pavia per essere l’oste - poeta. Laureato in Lettere, sposato, un figlio di 9 anni, Giacomo, Andrea lavora all’osteria “Alle carceri”, dove una volta si trovavano le prigioni a due passi dal tribunale. Dal 2004 pubblica libri. Ha cominciato con I quaderni di poesie di Marcos y Marcos, poi per Interlinea è uscito con Solo buone notizie (2007), quindi con Basta che io non ci sia per Manni (2010) e nel 2011 con Litalìa per La Grande illusion. Ora ha coronato un sogno: è stato scelto da Einaudi per la sua nuova raccolta di poesie Dall’interno della specie (80 pagine, 10 euro). 

Il suo lavoro l’aiuta a trovare ispirazione per le sue poesie?

"A Battuda sì. Entrava il mago, il suonatore di mandolino o il cacciatore. C’era una maggiore varietà che oggi in città non si può più trovare. Però il mio lavoro mi aiuta a entrare in relazione con le persone. Caratterialmente sono piuttosto timido, in osteria ho imparato a comunicare. E con i clienti capita anche si parli di libri. Ho organizzato delle serate di lettura".

L’osteria alle carceri è diventata un’osteria letteraria?

"No, non mi piace etichettarla così, mi sembra troppo snob. Preferisco pensarla come un luogo di incontro e di confronto davanti a una buona pietanza".

Lei ha cominciato a scrivere al liceo, ora tra lavoro e famiglia, quando trova il tempo di farlo?

"Al mattino presto o al pomeriggio. Non la notte perché quando inizio devo andare avanti con costanza".

Ha mai pensato di scrivere un romanzo?

"Ho provato con un racconto: mi sono fermato alla terza pagina. Mancava di ritmo, non fa per me".

Sognava di pubblicare per Einaudi fin da ragazzo, voleva fare lo scrittore da grande?

"No. Mio padre aveva voluto che mi iscrivessi a Economia e commercio perché mi avrebbe garantito maggiori sbocchi professionali, non a Lettere. Peccato che non mi abbia visto né laureato né sposato e neppure sugli scaffali delle librerie. Purtroppo è mancato prima, ma questo è il mio modo per ricordarlo e per dimostrargli che avevo ragione io. “Dall’interno della specie” è una sfida con mio padre. Voleva che sfondassi nel calcio dove giocavo come centrocampista e non ci sono riuscito. Non ho voluto insegnare perché non faceva per me. Ho rifiutato alcune supplenze: non mi interessavano. Nel 2005 poi sono arrivato all’osteria Alle carceri".

La cucina invece fa per lei?

"Sì, cucinare mi rilassa. Quando lavoro io sono rilassato. Inoltre incontro molti amici, l’osteria è diventata un gruppo di ritrovo per i miei colleghi dell’università".

E il libro come sta andando?

"Bene, mi sto prendendo le mie soddisfazioni". Mentre lo dice gli brillano gli occhi esattamente come quando ricorda il padre scomparso.