Omicidio via Carcano: "Ammazzati pure chi se ne frega". Ma lei uccide lui

«Ero accecata dalla rabbia», dirà lei alla pm Roberta Colangelo. Respinta, «liquidata come se non contassi nulla». È quella indifferenza che la fa impazzire di ANNA GIORGI

Il corpo di Mauro Sorboli, nel riquadro giallo, portato via dall'appartamento

Il corpo di Mauro Sorboli, nel riquadro giallo, portato via dall'appartamento

Milano, 27 marzo 2016 - Lui spesso sbronzo, facile all’ira, testa calda, lei esasperata. Lui che passa le giornate al bar, non lavora, e quando lei torna la insulta e la maltratta. Equilibri fragili. Lui con un passato di spaccio e un presente disordinato. Lei con la voglia di costruirsi una serenità. Sta tutto in questo meccanismo inceppato il corto circuito emotivo che ieri ha portato Valentina Aguzzi 44 anni, web designer per una casa discografica milanese, ad uccidere il compagno Mauro Sorboli, 40 anni, dopo una lite. L’ennesima, pare, di una coppia con qualche sofferenza. E sono in tanti a pensare che forse nemmeno lo volesse compiere quel gesto di rabbia che «non era da lei». Valentina era fragile, ma una ragazza con la testa sulle spalle, molto tranquilla.

I fatti. Via Carcano, zona esclusiva di Milano, quartiere residenziale. In un piccolo condominio di otto appartementi, da poco più di un anno, Mauro e Valentina vivevano insieme. Lui, campava di rendita, non aveva mai lavorato, la sua famiglia era proprietaria di diversi appartamenti tutti nella zona. Dopo pranzo, ieri, lui è di nuovo sbronzo e la insulta. Lei è con lui accanto al letto, prende la katana che hanno appeso sul muro della camera e minaccia di farsi del male. «Se non la smetti di bere mi uccido, mi conficco la spada al petto». «Di te non mi importa nulla, ammazzati, chissenefrega», e ancora insulti. «Ero accecata dalla rabbia», dirà lei alla pm Roberta Colangelo. Respinta, «liquidata come se non contassi nulla». È quella indifferenza che la fa impazzire. E così gira la spada verso di lui e conficca la lama nella sua gamba destra. Un gesto fatto con furia, con rabbia, con la testa al buio. Non voleva forse Valentina, ma la pugnalata è fatale a Mauro Sorboli perché la lama della katana gli recide l’arteria femorale. È un colpo dato con una precisione quasi chirurgica. Per i medici che lo soccorrono lui va subito in stato di choc, perde immediatamente i sensi. Ha appena il tempo di estrarre la lama dalla gamba, muore nel giro di quindici minuti al massimo, senza mai riprendere conoscenza. Quando l’ambulanza arriva il civico 5 di via Carcano lui è tra il letto e il pavimento e la spada, con una lama di 30 centimetri, è a terra.

La chiamata al 118 la fa Valentina, appena si rende conto che lui non si riprende, che ha fatto qualcosa di irreparabile. «Ho lanciato la katana e l’ha colpito», dice in un primo momento alla polizia quasi non ricordando bene quello che è successo o, forse, nel tentativo disperato e maldestro di camuffare qualcosa di più grande di lei. Ma la visita del medico legale conferma: la ferita è data con molta violenza. È volontaria. Valentina viene sentita dagli investigatori poi portata al Fatebenefratelli in stato confusionale. anna.giorgi@ilgiorno.net

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