Sala è certo: Expo partirà alla grande. «La sicurezza? Avremo 600 soldati»

Il commissario unico fissa le tappe. «Infrastrutture pronte in tempo» di Sandro Neri

Giuseppe Sala

Giuseppe Sala

Milano, 17 febbraio 2015 - La parola d’ordine è «aprire bene». Perché, osserva Giuseppe Sala, commissario unico per l’Expo 2015, «se l’inaugurazione andrà al meglio, saremo già al 50 per cento del grande e intenso lavoro che ci aspetta per i sei mesi della kermesse». A meno di due mesi e mezzo dal taglio del nastro dell’Esposizione universale di Milano, in calendario dal primo maggio al 31ottobre, la preoccupazione degli organizzatori non è più far fronte ai ritardi nel cantiere del sito. «A livello di infrastrutturazione dell’area – precisa Sala – possiamo essere sereni. Certo, gli ultimi giorni sarà una corsa. Ma questo è normale in tutti i grandi eventi. Anche all’Expo di Shanghai, nel 2010, qualche Padiglione ha aperto in ritardo».

 

Succederà anche a Milano? «Noi abbiamo in costruzione 80 Padiglioni: 53 dei Paesi, 4 tematici, più i 9 cluster e i Padiglioni corporate. In un’offerta così ampia, se anche tre Padiglioni, come sembra, dovessero arrivare in ritardo non sarà un problema. Il tema, al momento, è un altro».  

Quale, esattamente? «Arrivare al giorno dell’inaugurazione con un palinsesto di eventi e di iniziative, anche fuori dal sito espositivo, che sia all’altezza. Sappiamo che dalla visita ai Padiglioni, per la qualità dei contenuti, i turisti usciranno soddisfatti. Noi stiamo lavorando a un programma di giornate nazionali, dibattiti e mostre che contiamo di ultimare in meno di un mese. Ma capiamo ancora poco di quanto si sta organizzando fuori di qui. E occorrerebbe fare in fretta, perché la macchina del turismo si è già messa in moto».  

Dice: «Aprire bene». Cosa succederà il primo maggio? «Il presidente Sergio Mattarella ha confermato che sarà lui a tagliare il nastro. Mi piacerebbe che la cerimonia avvenisse col sito già aperto al pubblico. E di questo conto di andare a parlare al Capo dello Stato nei prossimi giorni».  

Teme nuovi scandali o bufere giudiziarie? «Da quando al nostro fianco c’è l’Anticorruzione di Raffaele Cantone la situazione è cambiata. Il controllo preventivo funziona. E ha generato un effetto psicologico che scoraggia i malintenzionati. La nostra attenzione, ora, è concentrata sul problema della sicurezza».

L’Expo è un obiettivo a rischio?  «È un fronte su cui lavoriamo. I 600 militari che il Viminale ha deciso di inviare a Milano sono un passaggio importante, che consentirà di potenziare le attività di controllo e di fluidificazione del sistema».  

Si sente sotto pressione? «Sì, per un fatto caratteriale preferisco sentirmi tale. Avverto forte l’aspettativa generale per quest’appuntamento. Però sento anche che il feeeling è migliorato».  

Si è mai sentito solo in questa partita? «In questi cinque anni ho dovuto più volte ricostruire rapporti di partnership. Da quando sono qui sono cambiati quattro governi, due sindaci e due governatori».  

Qualcuno aveva accusato il premier Matteo Renzi di non credere troppo all’Expo... «La sua è un’agenda così ambiziosa che forse l’Expo, all’inizio, non figurava fra le priorità. Ma ora Renzi è schierato a favore dell’Expo. Che forse non sarà in assoluto l’occasione per il Paese, ma di sicuro un’occasione da cogliere in pieno».  

Un pronostico sul braccio di ferro coi lavoratori della Scala? «Alexander Pereira, il soprintendente, è fiduciso che la Turandot si farà. E questo mi tranquillizza. Perché aprire l’Expo con l’opera sarebbe davvero un buon inizio».