La corsa per l'Agenzia del Farmaco: ecco chi Milano deve temere e perché

La città come terra di mezzo tra l’asse dell’Est e quello franco-tedesco

Giuseppe Sala, Enzo Moavero Milanesi, Roberto Maroni e Raffaele Cattaneo (Newpress)

Giuseppe Sala, Enzo Moavero Milanesi, Roberto Maroni e Raffaele Cattaneo (Newpress)

Milano, 23 luglio 2017 - Quante possibilità ha Milano di diventare la nuova sede dell’Agenzia Europea del Farmaco (Ema), costretta a traslocare da Londra per effetto della Brexit? Per rispondere alla domanda bisogna fissare i criteri che si è data l’Unione Europea per decidere come dislocare Agenzie e Autorità. E bisogna capire quale sia, a fronte di questi criteri, la forza di quel dossier di candidatura che domani sarà presentato al Pirellone alla presenza del premier Paolo Gentiloni e di Enzo Moavero Milanesi, consigliere del Governo per la missione Ema. 

Il criterio che politicamente pesa di più è quello geopolitico: le regole prevedono che siano privilegiati i Paesi che ospitano nel loro territorio il minor numero di Agenzie e Autorità o che non ne ospitano affatto. L’idea è portare l’Unione il più vicino possibile al più alto numero di cittadini. In questo senso Milano è in una terra di mezzo. L’Italia vanta due presenze sul patrio suolo: l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), a Parma, e la Fondazione Europea per la Formazione Professionale (Etf). Poco in confronto ai 6 enti comunitari vantati dalla Spagna, che per l’Ema candida Barcellona, e ai 5 vantati dalla Francia, che candida Lille, senza contare il Parlamento di Strasburgo. Con la Germania, in corsa con Bonn, sarebbe pareggio, non fosse che proprio in Germania ha sede la Banca Centrale Europea. Fosse solo questione di “chi ha già cosa”, Milano sarebbe quindi messa meglio di Barcellona, Lille e Bonn. Ma tra le 22 città in predicato di volersi candidare per l’Ema ci sono anche Amsterdam, Copenhagen, Stoccolma, Vienna e Bratislava: in tutti e cinque i casi i Paesi di riferimento hanno entro i loro confini meno enti comunitarik rispetto all’Italia. Vienna ha una sola agenzia, quella per i Diritti Fondamentali (Fra), Bratislava non ne ha alcuna. E proprio queste due città sembrano al momento avere più chance di Milano. Bratislava è sostenuta dal gruppo di Visegràd, quello che unisce Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. 

I Paesi dell'Est hanno rivendicato il criterio della territorialità: va privilegiato chi non ha. Sortite che pare abbiano indotto Vienna a ipotizzare di candidarsi insieme a Bratislava (le due città distano tra loro 60 chilometri). E qui si entra nella sfera delle alleanze. Il vento dell’Est potrebbe allora trovare un muro nell’asse franco-tedesco: solo un mese fa circolavano voci su un presunto accordo tra Francia e Germania per dare l’Ema a Lille e a Francoforte l’Autorità Bancaria Europea (Eba), anch’essa costretta a lasciare Londra. Già: la Germania potrebbe aver candidato Bonn all’Ema come vittima sacrificale per avere l’Eba a Francoforte.

E l’Italia? L’Italia potrebbe contare sull’asse del Mediterraneo. Basterà? Di certo da qui a metà novembre, momento del voto (segreto e in tre turni) al Consiglio degli Affari Generali, gli equilibri possono cambiare. Moavero predica lucidità e indica il tema sul quale insistere: «Quella di Milano è una candidatura di alto profilo perché il nostro Paese ha una grande tradizione nel settore farmaceutico, perché la città è nel cuore dell’Europa non solo politicamente ma anche dal punto di vista dei trasporti e della logistica. È collegata in maniera eccellente e questo permette un trasferimento di sede nella continuità, senza che il lavoro dell’Ema si debba interrompere. Non ultimo offriamo il Pirellone, più ampio e centrale dell’attuale sede londinese. Ciò che va affermato coi nostri partner europei è questo, è la logica di tutelare la continuità dell’attività già svolta a fronte della logica geografica, quella del dividere le Agenzie sul suolo comunitario. Non si tratta, infatti, di aprire una nuova Agenzia che ancora non lavora ma di trasferirne una esistente e operativa».

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