NICOLA PALMA
Cronaca

Agenzia delle entrate e mazzette: altro ex dirigente condannato

Tangenti da commercianti e imprenditori per ridurre o annullare le somme dovute al Fisco

Guardia di finanza (Imagoeconomica)

Guardia di finanza (Imagoeconomica)

Milano, 16 giugno 2017 - Seconda condanna in pochi giorni per gli ex funzionari infedeli dell’Agenzia delle Entrate. Dopo quella di Saverio Campanella, a inizio settimana è arrivata anche quella del collega Albertino Antonio Rosso. Due storie quasi identiche, sia per la condotta tenuta che per l’entità della sanzione comminata dalla Corte dei Conti: anche Rosso, classe ’68 originario di Napoli, dovrà risarcire più di mezzo milione di euro per i danni patrimoniali e di immagine arrecati alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate.

La storia è nota. Nel 2008, la Guardia di Finanza scoperchia un giro di mazzette pagate ai dirigenti del Fisco da commercianti e imprenditori per correggere al ribasso (o annullare) le somme dovute piuttosto che rivedere al rialzo i crediti vantati nei confronti dell’Erario. Il meccanismo è semplice: i manager «aggiustano» i numeri nel sistema telematico, in cambio i corruttori pagano loro una tangente come percentuale sulla somma fatta risparmiare al cliente di turno. Nel caso di Rosso, ricostruiranno le Fiamme gialle, la somma contestata è pari a 56mila euro, cioè il 10% dei 560mila euro spariti dagli archivi digitali su mandato di due commercialisti. Per quelle accuse, l’ex funzionario ha patteggiato la pena, con sentenza diventata irrevocabile nel luglio 2011. Ora è arrivata la stangata dei giudici contabili, che hanno riconosciuto la «responsabilità amministrativa» da parte di Albertino Rosso. Secondo il collegio presieduto da Luisa Motolese, «il danno patrimoniale diretto deve identificarsi nel cosiddetto illecito vantaggio fiscale di cui avrebbero usufruito gli altri soggetti coinvolti nella vicenda penale in conseguenza del compimento da parte del Rosso, in sodalizio criminale con altro dipendente dell’Agenzia, di atti contrari ai propri doveri d’ufficio dietro compenso».

In particolare, il danno si è configurato perché quegli importi non possono più essere reiscritti a ruolo per decadenza dei termini di legge: il Fisco li ha persi per sempre. E per questo ha deciso di rivalersi su chi ha propiziato quegli ammanchi di decine di migliaia di euro l’uno. Totale: 466.698,46 euro. Aggiungeteci il danno d’immagine alla Pubblica amministrazione, «che – ragionano i giudici – perde credibilità e affidabilità all’esterno a causa della condotta illecita dei suoi dipendenti». Come nel caso di Campanella, la Corte dei Conti ha deciso di equiparare questo genere di danno alle mazzette prese da Rosso: 56mila euro. La somma definitiva fa 522.698,46 euro. Ora la domanda è: questo denaro rientrerà mai nelle casse dello Stato? Interrogativo lecito, visto che Rosso, comportandosi esattamente come Campanella, non si è mai presentato al processo né ha nominato un avvocato per difendersi.

 

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