Inveruno, la bonifica dell'oasi dei pescatori in alto mare

Costi elevati e tempi più lunghi per il recupero ambientali dell'area verde alla periferia del paese, che doveva diventare un parco urbano quando venne acquistata nel 2008

L'oasi dei pescatori

L'oasi dei pescatori

Inveruno (Milano), 26 giugno 2016 - Sempre più intricata la vicenda, sempre più inquinati i fondali. Si complica ulteriormente il processo di bonifica, ancora da avviare, dei tre laghetti dell’oasi dei pescatori alla periferia di Inveruno. Dopo l’ultimo incontro fra Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente), Città Metropolitana, l’Asl e l’ex proprietaria dell’area, la Cap Holding, è emersa infatti un’inaspettata novità sui costi effettivi che bisognerà sostenere per disinquinare l’intera area prima di poterla trasformare in quello che – secondo le intenzioni della passata amministrazione che l’aveva acquistata nel 2008 – doveva essere un nuovo parco urbano: l’assegno da staccare è pari a un milione e mezzo di euro. E questo solo per far partire la prima fase preliminare, che consiste nell’eliminare i primi trenta centimetri di fondale melmoso dei bacini che risulta impregnato di sostanze inquinanti fra cui il molibdeno; e per rimuovere poi le circa venti tonnellate di pesci presenti al loro interno e che dovranno essere trasportati in un centro speciale per la fauna ittica ed essere disintossicati. 

Una matassa sempre più difficile da sbrogliare per il sindaco Sara Bettinelli. Perché quei soldi nelle casse municipali non ci sono. E perché, anche riuscendo a trovarli, si tratterebbe come si è detto solo del primo step: l’intero piano di recupero di una superficie estesa almeno 45mila metri quadri costerebbe secondo una prima stima fra i cinque e i sei milioni di euro. «Avremmo anche individuato un centro specializzato dell’Asl di Firenze che potrebbe prendersi cura dei pesci – spiega il primo cittadino – ma il nodo da sciogliere è trovare quel denaro per far partire l’iter di bonifica. Se il Comune non avesse acquistato otto anni fa l’area, e quindi Cap Holding ne fosse rimasta proprietaria, toccherebbe a quest’ultima sostenere tutti i costi e non ci troveremmo in questa impasse». Ed è proprio a Cap Holding che spetta ora l’ultima parola. All’epoca della vendita dei terreni aveva sottoscritto un impegno economico di 1 milione per la bonifica. Sarà disposta a sborsarne altri 500mila?