Il rap "fluido" di Ghemon è al Carroponte: "Sul palco con la mia band"

"Ho capito quanto i concerti rappresentino un aspetto fondamentale del lavoro di un artista. Sono come la versione 2.0 di un disco perché consentono di implementare lo spettacolo e di attraversare diversi panorami musicali" di Francesca Nera

Il rapper Ghemon

Il rapper Ghemon

Milano, 1 agosto 2015 - Ghemon è il rapper che è riuscito a fare quello che tutti gli altri rapper vorrebbero fare (ma che non osano dire): cantare. E il suo ultimo album “ORCHIdee”, con le sue atmosfere cristalline e rassicuranti, rappresenta la colonna sonora perfetta per ogni stagione. Rime che scivolano con eleganza su di un tappeto armonico intessuto fra ritmiche jazz, soul e funk. Parole ponderate. Sputi riflessivi. E una gran voglia di ritornelli che si avvicina a quanto di più genuino il genere pop abbia ancora da offrire. Anche questo è rap. E’ il rap "fluido" di Ghemon. Stasera l’artista farà tappa al Carroponte di Sesto San Giovanni (alle 21.30) accompagnato da uno stuolo di musicisti per una delle date più importanti del suo “Invincibile Estate Tour”. Per l’occasione abbiamo chiesto a Ghemon di introdurci al suo mondo e alla sua musica.

Ghemon. Come mai questo nome? “Quando cominciai ad avvicinarmi all’hip hop si usava scegliere un proprio nome d’arte. Io optai per Ghemon perché amavo il cartone animato di Lupin ed ero rimasto particolarmente affascinato da quel samurai silenzioso e tagliente”.

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Il tuo rap “musicale” è molto diverso da quello in circolazione. Rapper o cantautore? In quale delle due categorie ti riconosci di più? “Oggi mi identifico in entrambe. Riconosco in modo consapevole di aver trovato un mio equilibrio in cui rap e cantautorato convivono pacificamente. Non ho voglia di definizioni assolute”.

Sia nell’album “ORCHIdee” che in tour ti avvali della collaborazione di veri musicisti (anche nomi grossi del panorama musicale). In un certo senso hai legittimato la presenza degli strumenti nel circuito rap. E’ così? “In effetti siamo riusciti a sdoganare questo aspetto e che ultimamente, in Italia, sta prendendo piede anche fra altri rapper”.

Come mai questa scelta? “Il suono che cercavo e volevo richiedeva per forza una band. La sfida è stata quella di portare dei musicisti a suonare con il gusto di un dj senza però sostituirsi a questa figura, alla scoperta di una nuova identità. Si tratta di una costante ricerca del suono che ogni giorno conduco con ostinazione. Suonando con la band ho capito quanto i concerti rappresentino un aspetto fondamentale del lavoro di un artista. Li definirei la versione 2.0 di un disco perché permettono di implementare lo spettacolo e di attraversare diversi panorami musicali”.

E i musicisti ti accompagneranno anche stasera sul palco del Carroponte? “Certamente. La formazione è ampliata rispetto al tour di quest’inverno. Con noi si è aggiunto Ramiro Levy alla chitarra e da una sola corista le voci sono diventate tre. In più nella serata al Carroponte ci saranno alcune sorprese interessanti. Diciamo che non amo le esibizioni ripetitive. E la data milanese è davvero una di quelle molto importanti!”. (La band “Le Forze del Bene” che accompagna Ghemon nel suo “Invincibile Estate Tour” è composta da Ramiro Levy alla chitarra, Alessia Marcandalli come voce corista, Teo Marchese alla batteria, Roberto Dragonetti al basso e Raffaele Scogna alle tastiere, ndr.).

Il rapper Ghemon

Veniamo a “ORCHIdee” che quest’anno ha ottenuto dei grandi risultati. Te lo aspettavi un successo così? “Ci speravo. Ho lavorato tantissimo a questo disco e mi auguro di raggiungere anche altri importanti risultati. Alcuni successi sono stati delle sorprese davvero gradite, altri me li aspettavo. Una delle mie caratteristiche è quella di non riuscire mai a smettere di lavorare. Cerco sempre di sperimentare per crescere, migliorare e ottenere nuovi risultati”.

Nell’album racconti storie legate alla quotidianità con estrema raffinatezza. Come sei riuscito a combinare questi due aspetti così diversi? “Questo ormai è il mio meccanismo di scrittura. Una tecnica rodata. Sono anzitutto un buon osservatore a cui piace fotografare attimi, al tempo stesso amo pesare con cura ogni singola parola. Affrontare temi legati alla vita di tutti i giorni permette, anche a chi non è appassionato di rap, di avvicinarsi alla mia musica e di potersi riconoscere nelle storie che racconto”.

Questo ti allontana molto dal prototipo del rapper spaccone e autocelebrativo… “Mi piacerebbe partecipare alla partita insieme agli altri miei colleghi ma sembra che le regole di questo gioco, purtroppo, non siano uguali per tutti”.

“Adesso sono qui”, il primo singolo del disco, suona in effetti come un punto di svolta. Qual è stata la molla che ha fatto scattare questa sorta di cambiamento? “La sofferenza. Senza il lutto non esiste cambiamento. La perdita infatti ti costringe ad abbandonare una parte di te stesso e comporta una crescita. Artisticamente parlando posso dire di essere passato attraverso il fuoco della sofferenza ma quando ne sono uscito sono rinato più forte. E felice”.

E nel futuro? Quali progetti? “Al momento sono impegnato con il tour estivo che durerà fino a novembre. Da novembre poi mi concederò una pausa per lavorare a un nuovo progetto”.

francesca.nera@ilgiorno.net