Milano, 26 maggio 2014 – C’è chi ha definito l’artista "il  flow con la melodia incorporata" e, per i più scettici, è sufficiente ascoltare anche solo una delle tracce contenute  in “ORCHIdee” per averne conferma. E’ questo il titolo dell’ultimo lavoro firmato Ghemon, che uscirà domani (27  maggio) per l’etichetta indipendente Macro Beats e che  verrà presentato oggi (26 maggio) in anteprima nazionale alla Feltrinelli di piazza Duomo a Milano. Una raccolta  organica di tredici brani interamente suonati con strumenti  veri, che si muovono tra sofisticate melodie pop supportate da trascinanti ritmiche jazz, soul e funk. Una ricchezza musicale e lessicale che affonda le radici nella black music e nel rap, ma che trae linfa da numerose parti cantate in cui l’artista non ha avuto paura di mostrare uno stile vocale inedito. Un’operazione coraggiosa quella intrapresa dal rapper avellinese che, proprio come un fiore, ha scelto  di sbocciare a primavera. Abbiamo chiesto a Gianluca  Picariello, in arte Ghemon, di farci strada all’interno del  suo personale “giardino” per cogliere al meglio significati e contenuti racchiusi in “ORCHIdee”.

Cominciamo dal titolo. Come mai “ORCHIdee”?
"Sia la pianta - l’orchidea - che ha una storia e una cultura  profonda, piena di aneddoti e leggende appassionati, sia i  termini in cui la parola si può scomporre (orchi-dee, orchi- idee, ecc.) mi hanno fatto pensare che fosse il titolo perfetto: una parola con un universo al suo interno".

Di recente sui social hai dichiarato che per un anno hai dormito poco per fare il disco, ora dormi poco per  l’ansia che esca, poi dormirai poco per promuoverlo... Una bella responsabilità fare della musica il proprio  lavoro? 
"Lo è certamente ma l’ho scelto io tanti anni fa e devo stare  al gioco. Di solito questi momenti sono i più febbrili perchè  tutta la gestazione di un disco è come un parto: dalle nausee,  ai dolori, alla cura dei piccoli particolari, fino ad arrivare  all’energia che si rilascia dal giorno dell’uscita ufficiale in  poi". 

"ORCHIdee" è un album interamente suonato con strumenti veri, senza contare che spesso le tracce si adagiano su ritmiche jazz, soul e funk. Una bella sfida  per un rapper. Com’è maturata questa decisione? 
"Negli anni le mie influenze musicali sono diventate le  più disparate. Sono molto curioso e, anche se ho una forte  impronta che viene dall’hip hop, ho sempre ascoltato tante  altre cose. L’idea di dialogare con dei musicisti era nell’aria  da tempo, la mia musica aveva questo orientamento suonato  anche precedentemente. Negli ultimi tre anni, però, mi sono  avvicinato agli strumenti in prima persona, ho studiato  canto, chitarra e pianoforte, ho sentito la necessità di portare  all’esterno questa rivoluzione che avevo dentro e sgomitava.  Sono molto felice di aver fatto questo scalino, perché d’ora in  avanti potrò mescolare tutti gli elementi più facilmente".

Fra i nomi di chi ha partecipato al progetto ci sono  artisti del calibro di Tommaso Colliva, Rodrigo  D’Erasmo, Patrick Benifei. Com’è stato lavorare con  loro?
"Mi ha arricchito, perché si tratta di nomi importanti  ma, ancora di più, di persone che quel nome se lo sono  guadagnato. Mi hanno insegnato tanto in studio: non solo su  cosa si poteva “fare”, ma anche su cosa si poteva “togliere”,  che è la parte più difficile per un artista. Posso solo  ringraziare, anche a livello umano, tutte le persone che  hanno passato del tempo in studio con me per questo  lavoro”. 

In compenso non c’è traccia di collaborazioni con  altri rapper, come se sul fronte del rap volessi far  affidamento solo sulle tue forze. Come mai hai scelto di  fare a meno dei featuring?
“Mi piace fare a modo mio. Avevo delle cose da dire e  volevo dirle in una certa maniera. Non sono cose che puoi  demandare ad altri, capisci? In più, lo ribadisco, non amo le  cose scontate, non voglio ripetermi e non mi piace l’idea di  fare le cose perché ‘si deve’. Creativamente volevo essere più  libero possibile".

C’è un pezzo del disco cui sei più affezionato e di cui vuoi  anticiparci qualcosa?
"Devo dire che questo disco non è una raccolta di pezzi  staccati tra loro ma è stato davvero concepito come un  insieme che fosse più armonico possibile. Per questo, con  molta furbizia, vi dico che sono affezionato all’intero album.  Così lo ascolterete tutto!"  

Oggi presenterai “ORCHIdee” in anteprima nazionale  proprio a Milano. Che rapporto hai con questa città?
"Un bellissimo rapporto! Vivo qui da quattro anni, Milano  mi ha accolto e fatto trovare la dimensione che mi è più  congeniale. Avevo urgente necessità di stare in un posto che  andasse a tempo con i miei ritmi forsennati da 'meridionale  atipico'. Ho imparato ad amare ciò che questa città è  diventata oggi, ma anche la sua tradizione".

Ghemon incontrerà i fan oggi (lunedì 26 maggio) alla  Feltrinelli di piazza Duomo a Milano in occasione della  presentazione dell’album, alle 18. La “data zero”  del tour sarà invece sabato 7 giugno al Miami Festival presso il Circolo Magnolia di Milano. 

Francesca Nera
francesca.nera@ilgiorno.net