Condannati a collaborare

LE due anime di un nuovo centrodestra si confrontano a distanza di pochi chilometri tra la Milano di Stefano Parisi e la Pontida di Matteo Salvini. I due non si amano e hanno posizioni politiche molto diverse, ma sono condannati a collaborare se vogliono avere qualche probabilità di ricostituire un polo competitivo con il Pd di Matteo Renzi e con un Movimento Cinque Stelle frantumato eppure sempre forte. Parisi si trova in una condizione paradossale. Berlusconi gli ha dato mandato di rivolgersi ai dieci milioni di italiani che hanno lasciato Forza Italia riunendo le forze migliori del mondo moderato che non abbiano avuto contaminazioni con la politica nazionale. Nazionale, badate: perché il nostro è invece attentissimo agli amministratori locali , i veri detentori dei voti, visto che a quelli nazionali ha sempre provveduto Berlusconi. Alle migliaia di persone riunite a Milano (e alle altre che andrà ad incontrare sul territorio) Parisi prospetta una rigenerazione della politica: «Nuove persone, nuovo coraggio, nuova rettitudine».

NON A CASO tra i relatori di ieri e di oggi ci sono solo persone della ‘società civile’. Parisi guarda a un centrodestra moderato, fermamente ancorato alle tradizioni del Partito popolare europeo, liberista in economia, aperto sia agli Stati Uniti che alla Russia in politica estera, fermo sull’immigrazione senza derive populiste. Il paradosso sta nel fatto che tra i suoi interlocutori non c’è lo stato maggiore di Forza Italia: i Romani, i Brunetta, i Gasparri, i Matteoli che vediamo la sera nei telegiornali sembrano esclusi dal disegno del ‘nuovo’. Berlusconi ha finora arginato la rivolta dei Colonnelli giocando su due tavoli: incoraggia Parisi, tranquillizza gli altri. Aspetta di vedere i primi risultati del lavoro del nuovo delfino prima di decidere da che parte schierarsi definitivamente. È scontata l’inquietudine di chi non vuole il ‘papa straniero’, siede da molti anni in parlamento e rappresenta tuttora un leader che tifa invece per un brillante imprenditore che fa per ora solo il consigliere comunale di Milano. Salvini – anche lui consigliere comunale di Milano – risponde a Parisi (e a Berlusconi) tornando a Pontida, dove giusto vent’anni fa Umberto Bossi lanciò la secessione: l’acqua attinta alle sorgenti del Dio Po e versata nella laguna di Venezia riuniva idealmente l’intera Padania pronta all’indipendenza. Bossi era convinto che l’Italia non ce l’avrebbe fatta a entrare nell’euro, giocava di sponda con i bavaresi e si preparava ad invocare la doppia moneta, quella forte per il Nord e quella svalutata per il Sud. Andò come andò. Oggi la secessione è tramontata, ma il grido di battaglia di Salvini è contro l’Europa, contro l’euro, contro gli immigrati sulla scia di un populismo dilagante in Europa che ha la sua capofila in Marine Le Pen. Finora i populisti hanno avuto forti successi parziali, ma è difficile che riescano a governare una grande nazione. Salvini dovrà scegliere se rinunciare a qualcuno dei suoi principi per fare squadra con Forza Italia, qualunque ne sia la fisionomia, o combattere da solo puntando a un buon risultato senza prospettive di governo. E Parisi dovrà conciliare le sue posizioni moderate con qualche esigenza dell’alleato. Il cammino è appena iniziato, ma i due partiti dovranno marciare insieme per raggiungere la destinazione giusta.