Strage Cottarelli, il fratello: "Per me calvario senza fine. Sono certo siano stati i cugini Marino"

«È un calvario che non finisce mai. Ma che giustizia è mai questa? Tanto sono sicuro che sono stati i Marino». Mario Cottarelli scuote la testa sfiduciato. Non se l’aspettava proprio che anche stavolta la strage di suo fratello Angelo, della compagna Marzenna e del nipote Luca, di soli 17 anni, rimanesse impunita di Beatrice Raspa

Strage Cottarelli, la famiglia uccisa a Urago Mella

Strage Cottarelli, la famiglia uccisa a Urago Mella

Brescia, 2 ottobre 2014 - «È un calvario che non finisce mai. Ma che giustizia è mai questa? Tanto sono sicuro che sono stati i Marino». Mario Cottarelli scuote la testa sfiduciato. Non se l’aspettava proprio che anche stavolta la strage di suo fratello Angelo, della compagna Marzenna e del nipote Luca, di soli 17 anni, rimanesse impunita. Per la seconda volta la Cassazione ha annullato l’ergastolo inflitto ai cugini trapanesi, dando loro un’altra possibilità di dimostrare che quella mattina del 28 agosto 2006 non erano nella villetta di via Zuaboni a Brescia. I giudici saranno chiamati a pronunciarsi per la sesta volta. La decisione degli ermellini è arrivata il primo ottobre a mezzanotte inoltrata, dopo quasi otto ore di camera di consiglio. «Mi ero illuso di potere scrivere la parola fine - si rammarica Cottarelli - Invece sono stato smentito, siamo punto a capo. Si dovrà istruire un nuovo processo, e rimarremo in sospeso ancora per chissà quanto tempo. A distanza di otto anni la giustizia insomma non appare lontanamente all’orizzonte».

Difficile trattenere l’amarezza: «Mi viene da dire che se siamo in una situazione simile i cugini Marino oltre a essersi affidati a degli avvocati molto bravi devono avere qualche santo in paradiso che li protegge», si lascia sfuggire il fratello dell’imprenditore trucidato. Che di dubbi in merito alla colpevolezza di Vito e Salvatore non ne ha nemmeno mezzo: «Solo loro possono avere compiuto la strage - taglia corto Cottarelli, che li ha visti la prima volta solo in tribunale - E’ un’idea che mi sono fatto sin dal processo di primo grado. Appena arrestati ricordo bene che entrambi hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere e non aprire bocca. La procura muoveva un’accusa di triplice omicidio e i Marino mai hanno spiegato dove si trovassero quel giorno. Erano a casa di mio fratello, è evidente. Così come è evidente che se due corti d’assise li hanno condannati all’ergastolo qualcosa a loro carico c’è. Non appartenevano a un commando della mafia. Erano venuti a Brescia per estorcere soldi ad Angelo. E’ partito un colpo di pistola e a quel punto per non lasciare testimoni hanno fatto fuori tutti».

beatrice.raspa@ilgiorno.net