Caccia su Internet al video hard, la pr bresciana si ribella: "Denuncio tutti"

"Non farò la fine di Tiziana Cantone". Boom di ricerche su Google

Un computer. Spesso gli abusi sessuali avvengono dopo 'approcci' on line

Un computer. Spesso gli abusi sessuali avvengono dopo 'approcci' on line

Brescia, 26 febbraio 2017 - Fino a ieri a Padova, la città dove Elisabetta Sterni lavora, non era stato ancora presentato alcun esposto in procura per il nuovo caso di diffusione su WhatsApp di un video amatoriale a luci rosse, già scaricato da migliaia di persone e finito anche su un sito porno. Ieri è partita la caccia del popolo del web al filmato: boom di ricerche su Google e sui siti hard. Ma lei, la protagonista del filmato che si considera vittima del tradimento di quel partner occasionale, ha promesso fuoco e fiamme. «Denuncio tutti: lui perché ha tradito la mia fiducia, ma è giusto che paghi anche chi ha moltiplicato quelle immagini con leggerezza, senza rendersi conto di come si può far male a una persona», ha detto dopo aver aperto le ostilità sul suo profilo Facebook. 

Elisabetta, 30 anni, bresciana d’origine e padovana d’adozione, organizzatrice di eventi e ragazza immagine di una discoteca cittadina, uscendo allo scoperto si è voluta distinguere da Tiziana Cantone, la giovane napoletana che in un caso analogo si tolse la vita per la vergogna. «Non farò la sua stessa fine, io ragiono, sono una persona forte e questa cosa non mi ha per niente toccato». Lui, l’autore del video di pochi secondi, sarebbe un ragazzo di 29 anni di Treviso. «Lo vedevo solo da qualche mese – racconta Elisabetta –. È sparito, è riapparso, mi piaceva. Non ci ho pensato: ho fatto quel video, mi sono fidata. L’idea di mandarlo al proprio partner può venire a chiunque». «È stato girato la scorsa estate, ma è diventato virale circa due settimane fa – spiega –. Quando il gestore del locale per cui lavoro me l’ha detto prendendomi in disparte, stavo per svenire».

Di qui la reazione rabbiosa. Che l’ha portata, nel suo videomessaggio su Facebook (poi rimosso) a definire la diffusione in Rete a scoppio ritardato di quell’attimo fuggente «un uso criminale di immagini private». «C’è chi si è ucciso per tanto», ha chiosato, lanciando un monito a tutti coloro che in queste due settimane hanno condiviso quel video «anche una sola volta». Una catena umana di guardoni: «Vergognatevi, se fossi stata una persona debole come quella povera ragazza voi sareste colpevoli di qualcosa di molto, molto grave». Elisabetta ammette di essersi lasciata tentare anche in un’altra occasione. «Non è una cosa che faccio sempre, a me è capitato due volte, a dire il vero: ma se non si fa niente di male, perché dovrebbe essere un problema?». Stavolta, invece, «ci sono rimasta di sasso», racconta. «Tutta la gente in- torno a me aveva quel video. È arrivato perfino sul telefonino di mia nipote di 17 anni». Un caso uguale ad altri. «Ma io non mi sono nascosta. E in poche ore ho ricevuto i messaggi di tante ragazze che mi dicono: è capitato anche a me, sei stata brava, aiutami a tirarmi fuori da questa trappola».