"Plasma iperimmune? Qui a Vizzolo sta funzionando"

Due casi di pazienti guariti dal Covid, raccontati dai primari del Predabissi, incoraggiano medici e donatori

Il dottor Lucio Liberato direttore del dipartimento di Medicina al Predabissi

Il dottor Lucio Liberato direttore del dipartimento di Medicina al Predabissi

Vizzolo Predabissi (Milano) - Il plasma iper-immune, una speranza contro il covid-19. Dal Sud Milano arrivano alcuni riscontri positivi sull’uso del prezioso liquido prelevato dal corpo dei guariti per curare le persone affette dalla malattia. Il primario di medicina del Predabissi, Lucio Liberato, racconta il caso di un paziente "che, nonostante vari trattamenti anti-covid, continuava ad avere una sindrome importante, con febbre e problemi respiratori. Abbiamo deciso di trattarlo col plasma iper-immune e il quadro clinico è subito migliorato. Prima è scomparsa la febbre, poi è stato possibile sospendere l’ossigeno e arrivare alle dimissioni".

Un altro caso è quello descritto da Andrea De Monte, primario di oncologia nello stesso ospedale. "Il plasma iper-immune – spiega - è stato somministrato ad un paziente con una forma tumorale, un linfoma, affetto anche da una polmonite da covid. Le condizioni generali sono migliorate, nonostante la presenza, appunto, di una patologia oncologica. Ora il paziente sta bene e verrà seguito per il prosieguo delle terapie anti-tumorali". Fatti che (ri)accendono la speranza, be nché si tratti, per adesso, di singoli episodi e non di un ampio campione.Il plasma usato nei casi descritti dai due primari proveniva dal San Matteo di Pavia. Ora anche l’Asst di Melegnano e della Martesana, che comprende gli ospedali di Vizzolo Predabissi, Melzo, Cernusco, Vaprio e Cassano d’Adda, ne ha avviato la raccolta. Il progetto è partito con una rosa di 25 donatori tra ex pazienti covid e dipendenti dell’azienda che hanno aderito allo screening per la ricerca degli anticorpi al virus.

Per aumentare il numero dei donatori, l’Asst continuerà a contattare i potenziali candidati, individuati fra gli ex ricoverati, mentre le sezioni dell’Avis che storicamente collaborano con l’azienda diffonderanno fra i propri soci una nota informativa sul progetto. Chi vorrà aderire lo farà su base volontaria, in occasione della donazione già programmata, firmando il consenso e sottoponendosi ai controlli preliminari (test sierologico e tampone naso-faringeo). Anche i volontari dell’Avis possono dunque diventare un elemento importante nella lotta alla malattia, qualora venga individuata, nel loro organismo, una significativa carica di anticorpi al virus. Rispetto alle donazioni di sangue intero, fissate in 4 all’anno per l’uomo e due per la donna, quelle di plasma possono essere più frequenti, con un intervallo minimo di 14 giorni fra un prelievo e l’altro. Le sedute durano al massimo un’ora e avvengono attraverso un meccanismo di filtrazione che separa il plasma, poi raccolto in apposite sacche, dalle altre componenti del sangue, reimmesse nell’organismo.