"Vuoi allenare? Paga o porta lo sponsor"

Marco Rossi, ct dell’Ungheria ultima avversaria degli azzurri, non ha ceduto al ricatto. Altri suoi colleghi in Lombardia devono piegarsi

Marco Rossi, attuale ct dell'Ungheria

Marco Rossi, attuale ct dell'Ungheria

Una panchina in cambio di denaro, magari sotto forma di sponsorizzazioni. E fa niente se il mister neppure ha il “patentino“ e magari neppure un briciolo di esperienza e fino a poche settimane prima era in tribuna accanto ai papà. Succedeva anni fa, come rivelato da Marco Rossi, ct dell’Ungheria e da altri ex calciatori professionisti, succede soprattutto ora, nel post pandemia, visto che tante società dilettantistiche sono con l’acqua alla gola e alla continua ricerca di finanziamenti per far fronte allespese.

Se prima le generose elargizioni di denaro servivano a famiglie benestanti per ottenere comparsate in squadre importanti ai propri rampolli, adesso le richieste monetarie (anche sotto forma di di sponsorizzazioni) riguardano soprattutto gli allenatori. Perché non sono pochi quelli disposti a corrispondere alla società sportiva un bel gruzzolo pur di trovare lavoro. O semplicemente per il gusto e l’euforia di poter dirigere una squadra. Per far accomodare un mister in panchina si arriva a chiedere cifre che oscillano fra i 10mila e i 40mila euro, dipende la categoria del club, quasi sempre iscritti ai campionati dilettantistici. E’ purtroppo questa la nuova frontiera del calcio sempre più in mano a logiche che sfuggono dal merito del campo. Molto poco, sinora, sono serviti i controlli della Guardia di Finanza che vanno a spulciare le carte su accordi “sospetti“.

"Purtroppo l’ho vissuto sulla mia pelle - ci racconta un allenatore di mezza età del pavese -: ci sono società di Serie D, Eccellenza e soprattutto Promozione che cedono alle richieste di colleghi non più giovanissimi solo perché portano un bel po’ di soldi. Bravi questi allenatori che sanno vendersi bene approfittando della scarsa liquidità di alcune società. Magari questo ci può stare, ma il problema è un altro: spesso sono tecnici esonerati nel campionato precedente e che arrivano da una serie di insuccessi. Però si presentano bene, promettono un gioco spettacolare e poi offrono sponsorizzazioni, perché un amico carrozziere o che ha una ditta di autotrasporti ce l’hanno sempre. Tutto questo per una panchina. Poi magari gli sponsor spariscono e anche la loro avventura in panchina finisce...".

Ma ovviamente nella gran parte dei casi quelli che portano soldi direttamente hanno le spalle coperte da (piccoli) imprenditori amici. A volte tutto ciò accade anche nell’universo dei vivai, con formazioni che partecipano ai campionati “juniores“ o “allievi“. Le società più serie, soprattutto le scuole calcio, offrono un compenso sotto forma di rimborso spese, ma ci sono invece presidenti che non pagano e chiedono. Magari si accontentano di due-tremila euro (te ne accorgi quando la domenica dopo vedi un nuovo striscione pubblicitario magari con lo stesso cognome del mister...) anche perché se è vero che i soldi non abbondano dall’altra parte c’è un certo interesse a fatturare (nei limiti consentiti) per poter detrarre grazie alla specifica disciplina fiscale dello sport di base. Così succede che nello spogliatoio ci finisce un personaggio (magari con il preparatore atletico di fiducia, anche lui “addetto al marketing“) che è lì non certo per merito. E quando si viene a sapere, la squadra finisce per non ascoltarlo.

Soldi o sponsorizzazioni dunque. Valigette con un po’ di soldini e non solo. Perché in tempo di crisi si può trattare anche una forniture di borse, scarpe, magliette, palloni e attrezzature sportive in genere. Alla fine è comunque un bel risparmio per la società che ingaggia un mister così generoso. "Tutto questo oggi succede molto più di frequente - conferma un allenatore che conosce i campionati dilettantistici lombardi molto bene - perché sono tutti effetti della crisi economica. Ci sono meno denari in circolazione soprattutto ai livelli più bassi del pallone. E non c’è da stupirsi quando alcuni tecnici al momento del trasloco si portano sempre con sé alcuni calciatori 'fedelissimi'... all’improvviso le casse della società sorridono e il cerchio del sospetto si allarga". Purtroppo, però, c’è ancora molta omertà e le denunce restano spesso anonime perché nessuno vuol compromettere la possibilità di lavorare. Gli unici ad esporsi negli ultimi anni, proprio come Marco Rossi, sono stati alcuni ex calciatori professionisti. Il coro è sempre lo stesso: "Se vuoi allenare, soprattutto a certi livelli, devi portare uno sponsor. Qui la meritocrazia c’entra poco".

Insomma, ormai il tecnico che porta denaro è una pratica cementata nel grande circo del pallone. Nascosta nel sottobosco dove però tutti sanno di tutto, perché ci sono sempre rapporti personali: molti mister si conoscono tra loro (anche quelli veramente scarsi) e in alcuni casi sono amici o hanno lavorato insieme, e quasi nessuno se la sente di schierarsi contro il sistema e farsi terra bruciata intorno. E i presidenti? Fanno finta di niente. Preferiscono tacere. Ma i dirigenti osservano e sanno, qualcuno, candidamente ammette che "sì, è vero, se si presenta un allenatore con lo sponsor il presidente lo prende ben volentieri. Soprattutto se è bravo. In qualche modo deve portare avanti la società: tra bollette aumentate, iscrizioni, sicurezza, tasse e pendenze di ogni genere, comunque ci rimette. Non dimentichiamo che a causa della pandemia tanti impianti sono rimasti chiusi per mesi, e ci sono stati genitori che hanno chiesto il rimborso per l’attività che i figli non hanno svolto..."

Insomma,in qualche modo il calcio dilettantistico e tutte le realtà che lo compongono ha bisogno di sostegno vero e costante. E finché alla fine c’è qualcuno che paga per far girare la giostra, andrà sempre tutto bene.