"Povera Patria" di Battiato, cosa c'è dietro al testo di questa canzone

Un ritratto vivido del Paese fra critica spietata e speranza

Franco Battiato (Ansa)

Franco Battiato (Ansa)

"Povera Patria", il Maestro di Milo ci ha lasciato. Nel giorno della morte di Franco Battiato, scomparso oggi all'età di 76 anni, torna alla memoria uno dei suoi brani più noti oltre che - ci si passi la metafora - "tirati per la giacchetta". A partire dal titolo del pezzo, in cui viene utilizzato un termine - "Patria" - ben poco frequente nella musica italiana all'epoca in cui la canzone venne scritta e pubblicata. Era il 1991, trent'anni fa, e nel panorama italiano della musica era ancora forte il retaggio dell'epoca dei cantautori i quali, con risultati spesso eccellenti, avevano fatto della critica alle pagine più contraddittorie della storia del nostro Paese una delle loro cifre. Il termine "Patria" all'epoca si portava dietro una connotazione legata all'uso strumentale che ne fece il regime fascista, che utilizzò il sentimento di orgoglio nazionale come mezzo di propaganda. 

Inserirla addirittura nel titolo di un brano, in quegli anni, voleva dire rischiare di prestarsi a speculazioni, da una parte e dall'altra dell'agone politico, così come poter essere accusati di puntare il dito genericamente contro il decadimento del sistema politico e sociale - si era negli anni immediatamente precedenti Tangentopoli, con la Prima Repubblica che dava già segnali di sfarinamento - e di dare voce a un sentimento di populismo latente. Ma Battiato sapeva andare oltre. Aveva rivoluzionato gli schemi del pop, figuriamoci se aveva "timore" di maneggiare un concetto potenzialmente scivoloso per molti altri, pur utilizzando parole assolutamente nette nella sua ferocia.

Nel pezzo - segnato da quella perfezione formale che fu una delle sue cifre - il maestro siciliano riesce a far convivere critica spietata e speranza. All'inizio si parla di una Patria "schiacciata dagli abusi di potere" in cui agiscono "governanti perfetti e inutili buffoni". Segue l'immagine vivida e plumbea di "corpi in terra senza più calore" che non danno "dispiacere" agli obiettivi dell'invettiva (i politici? la società?). Le tinte del quadro dipinto sono cupe. Eppure nel ritornello spunta la speranza. "Non cambierà, non cambierà". E poi subito "No cambierà, forse cambierà". 

Nell'alternarsi fra immagine disperanti e squarci di speranza Battiato descrive il "fango" in cui affonda "lo stivale" dei "maiali" antropomorfi. Affiora, fra le righe, la responsabilità del singolo, chiamato a una ribellione morale - che è già ribellione concreta - contro quello che non funziona. "Me ne vergogno un poco e mi fa male, vedere un uomo come un animale". E nel secondo ritornello, forse proprio grazie a questa presa di coscienza, la speranza si più forte. "Non cambierà, non cambierà. Sì che cambierà, vedrai che cambierà". Ecco, quindi, che "si può sperare che il mondo torni a quote più normali" e che si possa "contemplare il cielo e i fiori", rifugio in una natura che ci accolga in un Paese cambiato, in cui "non si parli più di dittature". Battiato chiude con una nota d'incertezza, a conferma forse della sua consapevolezza, come artista, di non avere in tasca la verità e di non conoscere quale destino la storia ci stia preparando. "La primavera, intanto, tarda ad arrivare". 

Difficilissimo, comunque, interpretare i testi di Battiato, quelli scritti da lui e quelli scritti in collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro. Sono profondamente originali e profondamente "suoi". E solo lui ne ha custodito fino in fondo verità e senso.

Premiato con la Targa Tenco nel 1992 come "miglior brano dell'anno" era il pezzo di apertura dell'album "Come un cammello in una grondaia", che vendette 250mila copie. Quest'anno ha ricevuto l'omaggio al Festival di Sanremo da parte dei cantanti Colapesce e Dimartino, entrambi siciliani, che nella serata delle cover hanno voluto reinterpretare il successo di Battiato. "Stasera cantiamo Povera Patria - aveva scritto Colapesce sui social prima di salire sul palco - Per noi è quasi più importante che cantare la nostra canzone. E' un omaggio sincero a un artista che ci ha cambiato la vita e che rappresenta un’idea di musica libera e coraggiosa. L’emozione sarà tanta".