Coronavirus, un imprenditore brianzolo a Cinisello: "Altri tre mesi così e si va a fondo"

L’allarme lanciato da un artigiano a corto di ordini e di materie prime dalla Cina

Mauro Sioli ha alle sue dipendenze sette lavoratori, preoccupati quanto lui

Mauro Sioli ha alle sue dipendenze sette lavoratori, preoccupati quanto lui

Cinisello Balsamo (Milano), 19 febbraio 2020 - Da una parte non si vende. Dall’altra non si riesce ad avere la materia prima. Effetti collaterali del coronavirus Covid-19. Sull’economia. Che colpiscono a migliaia di chilometri di distanza dalla Cina. "Se continua così ancora un mese avremo tutti il fiato corto. Se va avanti altri tre mesi, ci tira a fondo tutti". È l’allarme lanciato da Mauro Sioli, imprenditore a Cinisello Balsamo. È seriamente preoccupato per il futuro della sua ditta, la Quickly-Tec, e dei sui sette dipendenti. "Siamo un’azienda metalmeccanica. Una torneria di precisione. Realizziamo i nostri prodotti per svariati settori: elettromedicale, orologeria, automotive, aerospaziale, oleodinamica", spiega Sioli. Un fatturato realizzato per il 70 per cento sul mercato Italiano e per il restante 30 per cento all’estero.

"Il 5 per cento in Cina - precisa Sioli -. Vendiamo nel Paese asiatico attraverso imprese italiane che hanno joint venture. Così noi spediamo i nostri prodotti in estremo oriente. Ma in questo momento da lì stanno sospendendo gli ordini". Certo, il 5 per cento del fatturato è tutto sommato una quota ammortizzabile anche per un’impresa artigiana, ma il problema non è solo la vendita. "Noi acquistiamo la materia prima dalle trafilerie che a loro volta in questo momento hanno il problema di reperire metalli, in particolare nichel e rame, che arrivano proprio dalla Cina. Nel migliore dei casi i prezzi si alzano, nel peggiore proprio non si riescono a trovare sul mercato le materie prime. Un disastro per tante piccole e grandi attività", spiega Sioli delineando una situazione che rischia di avvitarsi su se stessa "come un cane che si morde la coda".

Le difficoltà si incontrano sia nell’importare sia nell’esportare. "In casi come il nostro il danno è duplice. Per realizzare i prodotti abbiamo bisogno di metalli che arrivano quasi esclusivamente dalla Cina. Lavorazioni che poi in parte dovremmo inviare proprio nel Paese asiatico". Ma non solo non si vende in Cina. "Qui diventa difficile produrre anche per tutti gli altri mercati. Se infatti non ci sono i metalli è impossibile realizzare i componenti". Un problema su scala mondiale. "Un nostro cliente americano, nelle scorse settimane, ci ha già detto di rallentare le forniture che abitualmente gli consegniamo perché non riesce a realizzare i suoi prodotti visto che non gli stanno più arrivando componenti fondamentali dalla Cina", conferma Sioli.

Una recente indagine ha rilevato come 6 imprenditori su 10 si attendano ripercussioni a causa di quanto sta succedendo in Cina. Conseguenze economiche non ancora quantificabili perché molto dipenderà da quanto durerà l’emergenza e quale sarà l’evoluzione dell’epidemia. Anche se le imprese italiane, come la Quickly-Tec, cominciano a sentirne le prime avvisaglia. «Lo ripeto . Se continua così questa situazione rischia di tirarci tutti a fondo. Se rallenta, fino a quasi bloccarsi l’economia cinese sono guai per tutti. Perché ciò produrrebbe ripercussioni sull’economia mondiale. Qui da noi le grandi aziende comincerebbero a fare massiccio ricorso alla cassa integrazione... e di noi piccoli che ne sarà?", si chiede il titolare della Quickly-Tec che conclude: "Senza contare che per le imprese italiane l’impatto potrebbe essere ancor più devastante perché ormai da tempo siamo costretti a fare i conti con un mercato interno fermo. Non ci resta che sperare che l’epidemia possa essere contenuta in tempi ragionevolmente rapidi e che si riesca a trovare una cura efficace".

«È impossibile calcolare con esattezza, al momento attuale, gli effetti che avrà sulla nostra economia il Coronavirus», spiega il presidente di Apa Confartigianato Milano Monza e Brianza, Gianni Barzaghi. «Quello che è certo è che ci sono settori più esposti di altri e che, focalizzandoci in particolare sull’artigianato, si temono ripercussioni sull’automotive e sulla moda, per non parlare dell’impatto che avrà sui negozi e le botteghe della città l’annullamento delle presenze di turisti cinesi alla Fashion week. Il valore degli interscambi della Lombardia con la Cina, negli ultimi 9 mesi, ha toccato i 13 miliardi, 10 di import (e vediamo già le nostre piccole imprese faticare su questo aspetto) e 3 di export. Sono numeri elaborati dal Centro Studi MPI Confartigianato a livello regionale». «Guardiamo - aggiunge Barzaghi - alla Germania, il cui automotive già era in una situazione di crisi e ora rischia un ulteriore duro colpo; è una questione d’oltreconfine che però impatta direttamente sulle tante piccole imprese del nostro territorio che operano come terzisti».