Lo skyrunner di Vigevano sull'Everest: "Ce l’ho fatta. E sono scoppiato in lacrime"

Luca Colli ha raggiunto l’Everest. Al “grande slam” ora manca l’Antartide

Luca Colli sventola il tricolore sul tetto del mondo

Luca Colli sventola il tricolore sul tetto del mondo

Vigevano (Pavia), 13 giugno 2019 - Il suo sogno di ragazzino, mettere piede sulla vetta più alta del mondo, è diventato realtà una mattina di maggio. Luca Colli, 49 anni, vigevanese, una laurea in architettura nel cassetto, personal trainer e guida alpina, ce l’ha fatta. Alla sua collezione, che comprende le cime più alte di ciascun continente, raggiunte in velocità, si è aggiunto l’Everest. Con l’Antartide, ultima tappa della sua sfida, diventerà il primo uomo al mondo ad aver completato uno straordinario “grande slam”. L’esperienza sul “tetto del mondo” è stata però unica. «La più impegnativa dal punto di vista fisico e mentale – racconta Colli, che ha trascorso 40 giorni al campo-base prima dell’ascesa compiuta in 35 ore, meno della metà dei tempi canonici – in condizioni estreme».

Il giorno della salita Colli si è spostato dal campo-base avanzato a quota 6.400 metri, per raggiungere gli altri tre intermedi, a 7.050, 7.900 e 8.200, in piena “zona della morte”, dove l’ossigeno è il 30% rispetto al livello del mare e dove ogni passo costa uno sforzo enorme. «Io credo che sia quello l’aspetto determinante – spiega lo skyrunner ducale, che nell’impresa ha perso una decina di chili – vale a dire la gestione dello sfinimento. Arriva un punto, per tutti, nel quale le energie sono finite. È allora che ogni errore, anche il più banale, può risultare fatale. Per quello è necessario mantenere una concentrazione feroce fino all’ultimo passo». Fino al punto più alto del mondo, a quota 8.848 metri. «Una sensazione difficile da esprimere – prosegue Luca – Quando sono arrivato in vetta non mi sono subito reso conto di quello che avevo fatto. Poi però è arrivata la consapevolezza e con essa un pianto dirotto, liberatorio». Davanti agli occhi, uno spettacolo unico. «Il massiccio dell’Everest è immenso rispetto agli altri ottomila - continua – lì vedi lì sotto, piccoli. Poi però se guardi megli vedi le montagne digradare sino alle pianure dell’India». E poi c’è il cielo. «Quel blu è unico, tende al nero – lo descrive – Sulle nostre montagne se ne ha solo una vaga percezione. Lì è completamente diverso. Sono stato in vetta a montagne su ogni continente, ma come quello mai».

Fatica, lacrime, concentrazione. E la voglia di andare avanti. Anche quando si incappa nei corpi di chi non ce l’ha fatta, conservati dagli oltre 30 gradi sottozero. «È un’esperienza forte ma fa parte della vita e della morte sulle montagne». Colli ha già iniziato a programmare i prossimi impegni. «Nei prossimi mesi accompagnerò degli alpinisti sull’Elbrus e poi sul Kilimanjaro – conclude – Poi inizierò a pianificare l’ultima sfida, l’Antartide».