Terre d’Oltrepò, è l’ora della resa dei conti

Settimana decisiva per il confronto tra i vertici del colosso dei vini e un gruppo di soci che propone una mozione di sfiducia

Un vigneto

Un vigneto

Broni (Pavia) - A distanza, come impongono regole e prudenza in epoca Covid, ma sicuramente e comunque "calda". La "resa dei conti" fra l’attuale vertice del colosso Terre d’Oltrepò e un gruppo di soci che propone una mozione di sfiducia è in calendario il 21 gennaio, ma sarà preceduta (martedi) da una conferenza con Regione Lombardia, Ersaf e associazioni del mondo agricolo, promossa sempre da Terre d’Oltrepò.

"Fin dal nostro insediamento la trasparenza è stata una delle prerogative che ci ha contraddistinto e anche in questo caso ci preme fare chiarezza nei confronti delle istituzioni con cui ci raffrontiamo quotidianamente per il nostro lavoro – anticipa il presidente di Terre d’Oltrepò, Andrea Giorgi – e smentirò, dati alla mano, le accuse strumentali delineando quelli che sono i veri progetti per il futuro e per il bene della nostra cantina. Dall’analisi che farò – aggiunge Giorgi – si apprenderà che non esiste alcun motivo oggettivo di sfiducia ma solo l’ingerenza politica di un gruppo di persone che, approfittando del momento di difficoltà oggettiva, causata anche da una pandemia mondiale che ha toccato pesantemente il nostro settore, stravolgono le regole ordinarie di buona amministrazione anticipando di fatto una corsa alle elezioni (svoltesi soltanto lo scorso anno) che mina il principio di democraticità e continuità dell’azienda, producendo danni alla nostra realtà, al territorio ma soprattutto a quei soci che hanno a cuore veramente la cantina".

La richiesta di assemblea straordinaria con relativa mozione di sfiducia era stata presentata a dicembre da oltre 240 soci sul totale di quasi 700, ma che rappresentano – sostengono i firmatari – più di 350mila quintali di uve conferite. Nel documento di questi soci non si esita a stigmatizzare la situazione di crisi economica delle aziende agricole associate, ma non solo: "tutto ciò – si legge infatti – è avvenuto con il sostegno o silenzio assenso della parte sindacale di categoria che avrebbe dovuto difendere gli interessi degli agricoltori". Insomma, un j’accuse pesante che parte dall’insoddisfazione latente per il prezzo pagato alle uve conferite. Al punto che nell’assemblea ordinaria di novembre, dopo l’ok al bilancio, aveva fatto seguito un no sia alla proposta di aumento di capitale sociale sia all’applicazione di sanzioni (come prevede lo statuto) per i soci non in regola nei conferimenti.