MONICA GUZZI
Cronaca

Provincia di Monza e Brianza, il primo presidente Allevi: "Perdere la Camera di commercio, la sconfitta più grande”

"Negli anni dell’antipolitica eravamo l’anello più debole da sacrificare. Ma siamo andati avanti e meritiamo di più: è ora di fare lobby in Parlamento"

Dario Allevi, primo presidente della Provincia, all’insediamento del giugno 2009

Dario Allevi, primo presidente della Provincia, all’insediamento del giugno 2009

Monza – Cinque anni vissuti pericolosamente. Dal grande entusiasmo del 2009 la Brianza si è trovata con un progetto nuovo da costruire, frutto di una lunga battaglia soprattutto economica per l’autonomia da Milano, fino alla disillusione. In una manciata di mesi i primi tagli in Finanziaria e la riforma Delrio, che ha retrocesso le province a enti di secondo livello, con pochi fondi, poche deleghe e un presidente neppure eletto dai cittadini.

È toccato a Dario Allevi, uomo di centrodestra e primo presidente della neonata Provincia, ripiegare la bandiera dell’orgoglio brianzolo. Non senza rimpianti, ma con la consapevolezza che questo territorio ha ancora le carte in regola per essere locomotiva del Paese. Anche se, certo, con una vera autonomia si potrebbe fare di più...

Cosa ricorda di quei giorni?

"Ricordare il primo Consiglio provinciale riunito proprio qui in Villa Reale, con i gonfaloni di tutti i nostri comuni, è stato toccante. La Provincia era nata con grande entusiasmo fra la partecipazione dei cittadini. Quindici anni dopo quelle elezioni, vedendo quanta disaffezione c’è nei confronti della politica, sembra passato un secolo".

Le province costano...

" Quando siamo partiti non avevamo le scrivanie, volevamo creare un ente snello e senza sprechi e lo siamo stati, grazie al costo pro capite più basso di tutte le province d’Italia".

Un presidente attivo, molti la ricordano sul tetto della Yamaha e della Carlo Colombo con i lavoratori in lotta.

"Le province lombarde allora avevano molte deleghe, tra cui le politiche attive del lavoro. Abbiamo seguito tante crisi e avviato sul territorio il tavolo per lo sviluppo. Ma poi...".

Poi è arrivato il terremoto. Si poteva evitare?

"In quel momento cominciava a soffiare il vento dell’antipolitica, erano gli anni dei “vaffa day“ e nella filiera Stato-regioni-province-comuni noi eravamo la parte più debole. Gli ultimi anni sono stati i più difficili, coi tagli in Finanziaria e i dipendenti che cominciavano ad andarsene".

Eppure lei la vecchia provincia la rifarebbe.

"In una Regione come la Lombardia, con 10 milioni di abitanti e oltre 1.500 comuni è impensabile ipotizzare il contrario. La Regione non può interfacciarsi con tutti i comuni, è indispensabile un ente intermedio. Hanno voluto equiparare la Lombardia al Molise e si è chiuso tutto. Oggi tutti si accorgono dell’impotenza delle province, mentre di contro la Brianza ha realizzato la Casa dei comuni, continuando a lavorare sui servizi e sui temi d’area vasta, dal Ptcp alle scuole, alle politiche del lavoro".

La più grande sconfitta?

"Perdere la Camera di Commercio è stata la ferita più grossa. Un territorio come il nostro, col maggior numero di imprese per chilometro quadrato d’Europa non può non avere la Camera di Commercio. La prima battaglia dovrebbe essere questa. E poi bisognerebbe tornare ad avere voce come provincia sul trasporto pubblico locale, che resta Milano-centrico".

Cosa servirebbe oggi?

"Il quarto posto nella classifica della qualità della vita la dice lunga sulla cultura del lavoro che c’è in questo territorio. Bisogna andare avanti migliorando gli altri elementi problematici come la sicurezza, l’ambiente e le infrastrutture a partire dal metrò. I nostri parlamentari devono fare lobby".

E poi?

"Sono essenziali le risorse e il ritorno all’elezione diretta, altrimenti non c’è autorevolezza".