Missili di Israele su nave iraniana (e sull'accordo con gli Usa per il nucleare)

Non appare casuale l'attacco, proprio mentre a Vienna si profila un accordo tra Teheran e Washington: via le sanzioni e stop all'atomica

Sempre più frequenti gli attacchi missilistici nel Mar Rosso

Sempre più frequenti gli attacchi missilistici nel Mar Rosso

Vienna - Gli Usa si apprestano ad allentare la morsa delle sanzioni sull’Iran, in cerca di un accordo sul nucleare che scongiuri il possesso dell’arma atomica per Teheran. E Israele lancia i missili proprio contro una nave iraniana. Due circostanze con tutta probabilità collegate da una dinamica causa-effetto. Una presunta nave spia iraniana è stata attaccata da Israele mentre navigava nel Mar Rosso. Secondo il quotidiano ebraico Haaretz, si tratta della Saviz, un’imbarcazione da ricognizione dell’intelligence legata ai Pasdaran. Per l’emittente saudita Al-Hadath, l’attacco sarebbe avvenuto a largo delle coste dell’Eritrea, “probabilmente” frutto di un’operazione israeliana. La nave ha subito danni “importanti” ma non e’ affondata.  La  ‘Saviz’ - questo il nome della nave battente bandiera iraniana - sarebbe legata ai Guardiani della Rivoluzione.

 L'imbarcazione iraniana colpita era stata definita nel luglio 2018 dal Washington Institute for Near East Policy una "nave appoggio" che raccoglieva informazioni d'intelligence per i ribelli sciiti Huthi nello Yemen, in guerra contro una coalizione araba guidata dall'Arabia Saudita. Di recente il Wall Street Journal ha svelato che negli ultimi due anni e mezzo il mare e' diventato un nuovo fronte della guerra segreta tra Israele e Iran: lo Stato ebraico ha condotto attacchi, anche con l'impiego di mine navali, contro almeno una dozzina di navi iraniane o legate alla Repubblica islamica che trasportavano in Siria soprattutto greggio, in violazione delle sanzioni internazionali contro Damasco. Nel mirino di Israele sono finiti anche i tentativi di Teheran di far arrivare armi agli alleati nella regione.

Negli ultimi mesi attacchi sono stati registrati anche contro due navi israeliane: a fine marzo, un'imbarcazione in viaggio dalla Tanzania verso l'India e' stata colpita da un missile nel Mar Arabico; a febbraio e' stata la volta della Mv Helios Ray, scossa da un'esplosione nel Golfo dell'Oman. La Repubblica islamica ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento. Il 25 marzo scorso, un missile ha colpito una nave container di proprietà israeliana nel Mar Arabico, causando danni, mentre due settimane prima la compagnia di navigazione iraniana IRISL aveva riferito di una portacontainer iraniana danneggiata in un attacco "terroristico" nel Mediterraneo.

Più tardi la televisione pubblica israeliana Kan ha riferito informazioni di fonte straniera secondo le quali la nave Saviz funge da «comando avanzato in mare» per conto dei Guardiani della Rivoluzione iraniani. Si trovava in quel tratto di mare - fra lo Yemen e la costa eritrea - già dal 2019, ha aggiunto l’emittente. Secondo le prime informazioni, tutte provenienti da media arabi, la Saviz è stata attaccata stamane e ha riportato danni materiali. Le autorità di Israele per ora tacciono sull’incidente. Ma in un commento l’emittente ha tuttavia rilevato che l’attacco alla Saviz giunge in un periodo in cui Israele e Iran conducono un confronto a distanza su diverse rotte marittime. La stessa televisione ha aggiunto che potrebbe non essere casuale la concomitanza fra l’incidente nel Mar Rosso e l’inizio a Vienna dei colloqui sul nucleare iraniano.

Tutto è di fatto cominciato al vertice di Vienna sul nucleare iraniano. Al termine della giornata, Teheran e Washington di fatto hanno concordato che la politica della massima pressione di Trump ha fallito e che l’unico modo per risolvere il dossier nucleare e’ la diplomazia. I negoziati vanno avanti con l’istituzione di due gruppi di lavoro che a livello di esperti studieranno, concretamente, i due aspetti cardine per far uscire dallo stallo il dossier: la revoca delle sanzioni economiche americane e il ritorno di Teheran al rispetto dei suoi obblighi. L’obiettivo dei colloqui di Vienna e’ concordare una road map, perche’ Iran e Stati Uniti tornino in modo simultaneo al rispetto dell’intesa, uscendo dalla logica del “primo passo”. “Se entrambe le parti si comportano in modo realistico, potremmo arrivare” alla revoca delle sanzioni “in contrasto con l’accordo sul nucleare”, aveva affermato la Malley alla vigilia del round negoziale. 

«L’Iran è pronto e, appena le sanzioni saranno sollevate in modo verificabile, Teheran farà dietrofront sui passi finora intrapresi sui suoi obblighi previsti dall’accordo» sul nucleare, ha dichiarato il viceministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi. A Vienna i negoziatori resteranno fino a venerdì, quando si terrà una nuova riunione. Araghchi ha fatto le sue dichiarazioni al termine della riunione dei delegati iraniani, di cui è il capo, con quelli di Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania (i cosiddetti 4+1) nella commissione sull’accordo nucleare iraniano del 2015, dal quale gli Stati Uniti con Trump uscirono unilateralmente nel 2018. «L’ Iran non terrà negoziati con gli Stati Uniti o con qualunque altro Paese, ad eccezione dei 4+1, di alcun argomento che esuli dall’accordo» sul nucleare, ha ribadito. Quanto a Washington, il suo compito, secondo il viceministro iraniano, è di «determinare le misure per cancellare in una volta sola tutte le sanzioni, senza alcun bisogno di farlo un passo alla volta».

“C’e’ unita’ e ambizione per un processo diplomatico congiunto”, ha twittato il coordinatore della Commissione congiunta del Jcpoa, Enrique Mora, promettendo di “intensificare” i contatti a Vienna “con tutte le parti, compresi gli Stati Uniti”. “Ci sono molti problemi complessi da risolvere ma l’importante e’ che sia iniziato il lavoro pratico in questa direzione”, ha twittato l’ambasciatore russo presso le organizzazioni internazionali a Vienna, Mikhail Ulyanov, definendo “fruttuoso” l’incontro di oggi. Di colloqui “costruttivi” ha parlato anche il capo negoziatore di Teheran, il vice ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Il secondo incontro della Commissione congiunta e’ fissato per venerdi’ 9 aprile, sempre a Vienna.  E’ stato definito “fruttuoso e costruttivo” il primo round di colloqui a Vienna tra i firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa), impegnati nell’ultimo tentativo di salvare l’intesa, riportando Washington e Teheran al rispetto dei reciproci impegni. 

Al tavolo di un lussuoso albergo della capitale austriaca, si sono riunite le delegazioni di Francia, Germania, Russia, Cina, Regno Unito e Ue, quest’ultima in veste di coordinatore della Commissione congiunta del Jcpoa. Formalmente, non essendone piu’ parte, gli Usa non hanno partecipato alla riunione, ma una delegazione guidata dall’inviato speciale di Joe Biden, Rob Malley, e’ atterrata a Vienna per colloqui indiretti, che vedono gli europei come mediatori nella cosiddetta ‘diplomazia della navetta’. A creare un clima incoraggiante al dialogo aveva contribuito la recente apertura, proprio di Malley, alla revoca di quelle sanzioni, che sono “in contrasto con l’accordo sul nucleare”. 

“Riteniamo tale posizione promettente e realistica”, ha commentato il governo iraniano. Nell’uscire dal Jcpoa, nel 2018, la Casa Bianca di Trump aveva imposto una serie di misure punitive, che l’amministrazione Biden ha detto non revochera’ tutte in una volta. Alcune misure sono legate alle attivita’ nucleari, altre invece - quelle che gli Usa potrebbero mantenere in vigore - al programma missilistico di Teheran e al presunto sostegno al terrorismo. In risposta alla reintroduzione delle sanzioni, l’ Iran ha iniziato un disimpegno dagli obblighi del Jcpoa, aumentando per esempio l’arricchimento dell’uranio al 20% e limitando le ispezioni dell’Aiea. Ma ora israele potrebbe complicare i giochi.