Ucraina, media Usa: "L'intelligence ha aiutato ad uccidere i generali russi"

Già 12 gli alti ufficiali di Mosca caduti sul campo: per il New York Times sono omicidi mirati "pilotati" dall'Intelligence di Washington. Si attende la reazione di Putin

Il capo di stato maggiore russo Gerasimov (ucciso) con il presidente Putin

Il capo di stato maggiore russo Gerasimov (ucciso) con il presidente Putin

New York - Gli Stati Uniti avrebbero fornito informazioni di intelligence che hanno aiutato le forze ucraine a uccidere molti dei dodici generali russi morti nella guerra in Ucraina: è quanto riferisce il New York Times, citando alti funzionari statunitensi. L’aiuto mirato fa parte di uno sforzo riservato dell’amministrazione Biden per fornire informazioni sul campo di battaglia in tempo reale all’Ucraina, ha affermato il quotidiano. Finora sulla notizia non è ancora arrivata alcuna reazione ufficiale da Mosca, ma c’è da aspettarsela nelle prossime ore.

 Washington ha fornito all’Ucraina dettagli sui movimenti di truppe russe, sulle loro coordinate, e altri particolari sulle postazioni di comando dell’esercito del Cremlino, e l’Ucraina ha combinato questo aiuto con la propria intelligence per condurre attacchi di artiglieria e altre missioni operative che hanno portato all’eliminazione di diversi ufficiali nemici, sconvolgendone la catena di comando arrivando, in diverse occasioni, a paralizzare le attività belliche dell’esercito invasore. 

Le cifre relative agli ufficiali uccisi non sono solo molto alte, ma anche inusuali: raramente membri dell’esercito tra i ranghi più alti cadono così velocemente in battaglia. Per l’ex ministro della Difesa e ammiraglio Giampaolo Di Paola uno dei motivi alla base delle morti delle alte cariche militari sarebbe l’impreparazione di quelle meno prestigiose. “Tra i bassi ranghi c’è meno libertà di azione, meno preparazione, soprattutto meno capacità di leadership e intraprendenza e questo può portare i livelli di comando superiori a essere impiegati più vicini alla linea del fronte”, dice Di Paola.

Secondo il Post, diversi osservatori sostengono che il numero dei generali russi uccisi in Ucraina sia «incredibile» e con precedenti rintracciabili solo nella Seconda guerra mondiale. È una cosa che ha creato numerosi problemi alla Russia e alla sua capacità di prendere decisioni militari efficaci, ed è spiegabile con ragioni legate alla struttura dell’esercito russo (per esempio alla mancanza di figure di rango inferiore in grado di guidare da vicino i soldati) e alla scarsa sicurezza delle comunicazioni usate dai russi in Ucraina, tema molto dibattuto nelle ultime settimane.

In un esercito di solito, precisa la stessa fonte, i generali sono il grado più alto della gerarchia militare: in estrema sintesi, il loro compito è dirigere le formazioni e divisioni più estese dell’esercito. I generali ne coordinano le azioni e orientano la strategia, più che partecipare fisicamente alle operazioni. Per questo è meno frequente che siano sul campo di battaglia, dove a guidare i soldati vanno ufficiali di grado inferiore come i colonnelli, e quindi che muoiano nei combattimenti.

Perché Vladimir Putin non sta colpendo ancora più duramente in Ucraina?, si chiede ancora un’analisi del New York Times, in cui esperti militari e dirigenti occidentali  si confrontano sul perché il Cremlino non attacchi più aggressivamente ferrovie, strade e ponti per bloccare gli aiuti militari stranieri o non bombardi più infrastrutture intorno a Kiev per ostacolare le visite dei leader transatlantici a Volodymr Zelensky. Tra i motivi indicati una grande incompetenza, le difficoltà con le munizioni di precisione e la carenza delle loro forniture.

Per il NYT, fondamentale anche l’efficacia della difesa contraerea ucraina, nonché forse la volontà di non distruggere troppe infrastrutture di cui potrebbero servirsi gli stessi russi se riuscissero a occupare il Paese, evitando gli ingenti costi della ricostruzione. Ma tutto questo non sembra esauriente per spiegare la prudenza di Putin, a dispetto delle sue minacce (anche nucleari) e della retorica incendiaria delle tv statali.