L'attivista iracheno: "Dittature in Medio Oriente? Noi le combattiamo con libri e idee"

Intervista a Faisal Al Mutar, fondatore di Global Conversations e Ideas Beyond Borders: "La nostra sfida per portare la democrazia in Medio Oriente"

Faisal Al Mutar, attivista e scrittore iracheno

Faisal Al Mutar, attivista e scrittore iracheno

Le libertà civili, in Medio Oriente, sono sempre più minacciate da governi dittatoriali e movimenti estremisti. In questo contesto, sono le idee a fare la differenza, e, in particolare, la loro diffusione. "Distribuiamo libri, traduciamo opere sul pensiero liberale e sulle democrazie. Sia contemporanei che più vecchi. Questo è per noi l’unico modo per far avanzare il Medio Oriente verso sistemi democratici e liberali", a raccontarlo è Faisal Al Mutar, attivista e scrittore iracheno, fondatore di Global Conversations e Ideas Beyond Borders, un’organizzazione che ha l’obiettivo di diffondere idee di libertà e democrazia in Medio Oriente. Faisal ha 30 anni ed è cresciuto in Iraq, sotto l’influenza di Saddam. A poco più di vent’anni ha iniziato a operare come attivista. Scampato a 3 diversi tentativi di rapimento e attacchi, Faisal si è rifugiato negli Stati Uniti dove è stato accolto con asilo politico e dove vive da alcuni anni. Il Giorno lo ha intervistato per comprendere meglio le sfide nell’ambito della laicità e democrazia in Medio Oriente.

Quali sono le sfide più attuali per il Medio Oriente? "I cittadini, in Medio Oriente, hanno spesso due scelte, tra gruppi islamisti diversi. Non esiste una terza opzione. In alcuni Paesi in cui esiste una democrazia limitata, come Libano e Iraq, stanno nascendo nuovi movimenti e questo è incoraggiante. Dopo la creazione dello Stato moderno, le ideologie naziste hanno influenzato tutto il mondo arabo già negli anni ‘40. Poi c’è stata l’influenza russa, nelle decadi successive, con il comunismo. Quindi questa area del mondo ha conosciuto quasi solo queste influenze culturali, con veri e propri movimenti che introducevano queste ideologie nelle società. Quello che facciamo noi è introdurre idee legate alla libertà, al libero mercato e ai diritti civili. Le idee liberali, infatti, non sono mai riuscite a penetrare nella cultura e nella società del Medio Oriente. Abbiamo tradotto oltre 40 libri e 20.000 articoli. Ci occupiamo anche di video. Uno dei nostri ultimi video, sulla caduta del muro di Berlino, è stato visto da oltre due milioni di persone. Cerchiamo di rendere le idee più accessibili".

Dovete affrontare la censura? "Sì, fin dagli inizi della nostra organizzazione, quindici anni fa. Il nostro sito è stato vietato in diversi Paesi, tra cui Siria ed Egitto. I nostri traduttori e collaboratori sono stati minacciati, ricevendo chiamate dai servizi segreti locali".

Come affrontate il problema della censura?§ "Facciamo del nostro meglio nel promuovere una formazione sui temi della sicurezza digitale, cerchiamo di evitare di essere tracciati, lavoriamo con sistemi di crittografia, per la comunicazione e i pagamenti. Anche la censura evolve e spesso siamo sotto il radar dei governi, che quando vedono un movimento di opposizione fanno di tutto per bloccarlo. Mandano una persona a casa del collaboratore, oppure fanno una telefonata. Non si tratta di figure dipendenti dal governo ma di faccendieri che lavorano indirettamente per i governi. L’obiettivo è spaventare".

Quali Paesi sembrano più promettenti, in termini di laicità e libertà civili? "Sicuramente la Tunisia, almeno dal punto di vista istituzionale, grazie anche alla prossimità con la Francia e l’Unione Europea. Le idee liberali sono state diffuse. In Libano e Iraq stanno nascendo nuovi movimenti, alcuni di loro hanno anche vinto dei seggi in Parlamento e il loro obiettivo è rendere questi Paese più internazionali e distaccarsi dai gruppi terroristici, nel caso del Libano, da Hezbollah. L’Arabia Saudita si sta aprendo un pochino, meno sui temi della democrazia o della libertà di pensiero, ma un po’ di sforzi sono stati portati avanti per aprire a investitori occidentali. Rispetto agli anni ‘90, un grande cambiamento. A volte alcuni Paesi 'scelgono' quali idee del pensiero liberale portare avanti, e si concentrano solo sull’economia, dimenticando i diritti civili e la libertà di stampa. Ad esempio vengono vietate le opinioni sui quotidiani. Il rischio è che venga adottato un modello Singapore".

Il Paese più difficile? "Lo Yemen è il Paese più difficile da questo punto di vista. È disconnesso dal mondo in termini di informazione. Internet è bloccato ed è difficile comunicare. Seguono anche l’Iran e i suoi vicini. L’Egitto sta inoltre molto peggiorando la propria condizione. È impossibile fare opposizione al regime".

Le criptovalute aiutano questi movimenti? "Sì, stiamo finanziando diverse attività nel mondo anche grazie alle criptovalute, che permettono di evitare il tracciamento dei fondi. La sfida è permettere la conversione delle criptovalute in valute accettate localmente, e attualmente questo viene fatto attraverso degli 'exchange umani': persone che fisicamente accettano di convertire le valute, accordandosi su Telegram o su altri social network e sistemi di comunicazione".