Guerra in Ucraina: come può muoversi la Corte dell'Aia contro Putin

Aperta inchiesta su crimini di guerra: i margini di manovra, il funzionamento del tribunale e i limiti che può incontrare

La Corte penale internazionale dell'Aia ha aperto un'indagine sulla situazione in Ucraina per indagare su presunti crimini di guerra commessi dalla Russia. L'inchiesta non si concentra solo sugli attacchi sferrati in questa ultima settimana, dopo l'avvio dell'invasione da parte delle forze del Cremlino ma, ha fatto sapere il pubblico ministero Karim Khan, riguarda tutti gli atti commessi in Ucraina "dal 21 novembre 2013". Un periodo in cui sono da comprendere "tutte le accuse passate e presenti di crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidio commessi in qualsiasi parte del territorio dell'Ucraina da qualsiasi persona"

Ma quali sono le competenze di questo tribunale internazionale con sede nei Paesi Bassi? E in quali altri occasioni recenti si è trovato a giudicare? E cosa potrà fare di fronte ai terribili accadimenti che si stanno verificando in Ucraina?

  1. Di cosa si occupa
  2. Chi non ha aderito
  3. Ucraina
  4. La nuova inchiesta
  5. Lo scoglio
  6. Processi in corso

Di cosa si occupa la Corte dell'Aia

Al tribunale compete il giudizio dei crimini più gravi che interessano l’intera comunità internazionale: il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. Lo Statuto di Roma, adottato nel 1998 ed entrato in vigore nel 2002, costituisce la base legale di questa corte permanente. La Corte esprime la determinazione dei 123 Stati contraenti (stato al 1° maggio 2013) "a porre termine all’impunità degli autori di tali crimini contribuendo in tal modo alla prevenzione di nuovi crimini".

il tribunale dell'Aia non sostituisce le giurisdizioni penali nazionali, bensì è complementare a questi: interviene soltanto se le autorità nazionali competenti per il perseguimento penale non vogliono o non possono perseguire i crimini commessi sul loro territorio o da loro concittadini. Accade, per esempio, quando tali autorità sono controllate da persone che devono rispondere dei crimini in questione o se il sistema statale di perseguimento penale è stato scardinato da eventi bellici. 

Quali stati non hanno aderito allo Statuto di Roma

Alcuni Paesi hanno firmato il trattato, senza però ratificarlo. Sono 32 in tutto: fra loro ci sono Israele, Russia e Stati Uniti che hanno chiarito di non volerlo ratificare. Anche la Cina, membro permanente del Consiglio di sicurezza Onu (come Usa e Russia, per altro), non ha aderito alla Corte penale internazionale.

La situazione dell'Ucraina

Anche l'Ucraina, pur avendo firmato lo Statuto di Roma nel 2000, non l'ha mai ratificato. Nel 2014, però, l'Ucraina ha attivato la giurisdizione della Corte dell'Aia tramite una procedura speciale prevista all'interno dello Statuto. Questa norma, chiarisce in un intervento pubblicato sul sito di Ispi l'avvocato Giovanni Chiarini, esperto in diritto costituzionale, stabilisce che uno Stato non membro può, attraverso dichiarazione formale depositata presso la cancelleria della Corte, accettare la sua competenza per i delitti di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e aggressione. Questo ha permesso al precedente procuratore, la gambiana Fatou Bensouda, di aprire un fascicolo sugli accadimenti avvenuti fra fine 2013 e inizio 2014 durante le proteste di Maidan, all'epoca dell'annessione della Crimea e nel corso del conflitto nel Donbass fra ucraini e forze filorusse.

Successivamente l'Ucraina ha inviato al tribunale dell'Aia una seconda dichiarazione in cui, prosegue l'avvocato Chiarini, si accetava la giurisidizione a partire dal 20 febbraio 2014 e senza alcun termine temporale finale. Questo permette di considerare il fascicolo dell'inchiesta preliminare (in termine tecnico "preliminary examination", che si compone di quattro fasi e precede l'indagine vera e propria) ancora pendente. Nel dicembre 2020 Bensouda, nel chiudere la preliminary examination, aveva sostenuto che esistessero ragionevoli motivi per ritenere che fossero stati commessi crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

Che strada ha scelto il procuratore

Kharim Khan, il britannico di recente nominato pubblico ministero presso la Corte penale internazionale, ha deciso, in pratica, di utilizzare i risultati ottenuti nel precedente esame preliminare con l'obiettivo di aprire l'iter per una vera e propria inchiesta (la cosiddetta "investigation"), che abbia al centro degli accertamenti anche i nuovi reati, eventualmente commessi dal 24 febbraio da parte di qualsiasi parte in conflitto e in qualsiasi parte del territorio dell'Ucraina. L'intenzione, sfruttando l'ok di 39 stati membri alla raccolta di prove, giunto nelle scorse ore, è quella di condurre un'indagine rapida.

Lo scoglio principale

Questo discorso - e questa volontà di pigiare sull'acceleratore - valgono fino a quando si parla delle ipotesi di reato di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Diverso è il caso di aggressione: il capo d'accusa per cui sarebbe più semplice procedere, date le mosse di Putin, il cui attacco è da configurarsi come un'invasione. La disciplina del reato di aggressione, prosegue l'avvocato Chiarini, è radicalmente differente e trova il suo perno in una norma che prevede che la Corte può esercitare la giurisdizione su un crimine di aggressione derivante da un atto di aggressione commesso da uno Stato parte dello Statuto. Ma, lo abbiamo detto prima, la Russia non ha ratificato l'adesione al trattato di Roma. 

Questo significa che l'articolo 15 bis del trattato su cui si fonda la Corte internazionale dell'Aia, con il quale si intende tutelare gli Stati che non fanno parte dello Statuto, richiederebbe per l'avvio di un procedimento riguardante il crimine di aggressione, il consenso dello Stato aggressore stesso. "Circostanza - chiude l'esperto - piuttosto improbabile" in questo - e in qualsiasi altro - contesto. Per il crimine di aggressione, quindi, vi è difetto di giurisdizione. 

I processi attualmente in corso

Il primo imputato della Corte è stato il militare congolese Thomas Lubanga. Il suo processo è iniziato il 26 gennaio del 2009 e si è concluso con la sua condanna per crimini di guerra compiuti nel corso della Seconda guerra del Congo.

I processi in corso riguardano i presunti responsabili dei presunti crimini commessi nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centrafricana, in Uganda, nel Darfur e più di recente in Kenya, in Libia, in Costa d'Avorio, in Mali, in Georgia (unico stato non africano) e in Burundi.